Categoria:

Sostegno all’apprendimento

  • Strategie di inclusività educative e didattiche a scuola

    Le strategie di inclusività sono fondamentali per promuovere e favorire l’apprendimento di tutti i bambini, anche con Disturbi Specifici dell’Apprendimento e Bisogni Educativi Speciali.

    Nell’articolo precedente abbiamo visto che Dsa e Bes si accompagnano stili di apprendimento e caratteristiche cognitive specifiche, che è importante riconoscere.

    Ciò vale, in realtà, per tutti i bambini, in quanto ciascuno di noi apprende e studia in modo peculiare e specifico.

    Per potenziare l’apprendimento e rispettare le caratteristiche individuali di ciascuno studente è necessaria una didattica inclusiva.

    Una scuola inclusiva, infatti, rispetta le seguenti condizioni:

    • Unicità del soggetto;
    • Valorizzazione delle diversità e specificità di ciascuno;
    • Partecipazione;
    • Apertura e dialogo;
    • Attenzione alle nuove tecnologie che possono sostenere l’apprendimento.

    In questo senso, di vitale importanza è lavorare sul clima della classe e sulle strategie di inclusività da utilizzare, educative e didattiche.

    Strategie di inclusività

    Innanzitutto, promuovere in classe un clima sereno e positivo di accoglienza e apertura, attento ai bisogni e alle esigenze di ciascun allievo.

    Creare, poi, un ambiente partecipativo e cooperativo tra gli studenti, in cui le prestazioni del singolo vengono valutate in relazione ai propri precedenti risultati e non confrontate con standard esterni o oggettivi.

    E’ da preferire, dunque, un approccio all’apprendimento di qualità e personalizzato, tenendo conto degli stili cognitivi e delle modalità di apprendimento di ciascun ragazzo.

    In questo senso, è importante promuovere la stima e la fiducia nelle capacità di crescita degli alunni, prevedendo anche dei momenti di affiancamento o attività in coppia e in piccoli gruppi, stimolando così anche l’apprendimento tra pari.

    Inoltre, è importante privilegiare l’utilizzo di diversi canali comunicativi in base ai differenti stili cognitivi degli studenti.

    Non solo però 😉

    Di fondamentale importanza risulta l’utilizzo delle tecnologie che possono semplificare e stimolare l’apprendimento, nonché l’utilizzo dei mediatori didattici, ad esempio di schemi, immagini o mappe.

    La differenziazione didattica

    Come abbiamo visto ogni studente possiede bisogni personali, diversificati e specifici, ma anche un proprio stile di apprendimento peculiare e propri canali comunicativi preferenziali.

    Si impone, dunque, in modo inconfutabile l’esigenza di adottare metodi di insegnamento grazie ai quali tutti gli allievi possano raggiungere traguardi scolastici significativi e soddisfacenti,

    Una soluzione può essere la differenziazione didattica, ovvero:

    una prospettiva metodologica di base capace di promuovere processi di apprendimento significativi per tutti gli allievi presenti in classe, volta a proporre attività educative mirate, progettate per soddisfare le esigenze dei singoli in un clima educativo in cui è consuetudine affrontare il lavoro didattico con modalità differenti.

    La differenziazione didattica, se ben condotta, può essere la chiave di accesso per permettere a ogni allievo di raggiungere i migliori risultati possibili sul piano delle conoscenze, delle abilità e delle competenze.

    Il concetto di differenziazione didattica è alla base del processo inclusivo della scuola, tanto più quanto all’interno della classe è presente un allievo con un Dsa o con un Bes.

    Se un docente vuole operare in questa direzione dovrebbe:

    • Progettare un percorso differenziato specifico e, allo stesso tempo, collegato all’intera classe;
    • Conoscere le abilità specifiche e le potenzialità dello studente;
    • Adottare metodi e procedure per incontrare le sue esigenze speciali.

    L’inclusione, dunque, si attua quando un alunno accetta di buon grado di svolgere un determinato compito appositamente ideato per lui, poiché tutti, in quel momento, stanno lavorando su compiti diversi.

  • Dsa Bes: definizioni, caratteristiche e strategie di intervento

    Dsa Bes: sentiamo spesso parlare di queste sigle, ma sappiamo realmente cosa significano?

    Quali sono le loro caratteristiche e le strategie di intervento educative-didattiche che possiamo utilizzare?

    Dsa: definizioni e caratteristiche

    Quando parliamo di DSA ci riferiamo ai cosiddetti Disturbi Specifici dell’Apprendimento, ovvero a tutte quelle difficoltà riscontrate nell’area degli apprendimenti scolastici di base (lettura, scrittura e calcolo).

    Difficoltà presenti nonostante le buone competenze intellettive del bambino ed un ambiente socio-culturale adeguato.

    Tali disturbi sono diagnosticati da psicologi e/o neuropsichiatri e la loro identificazione è di pertinenza del settore sanitario.

    Sulla base di una diagnosi di DSA la scuola dovrà adottare le strategie didattiche opportune e dovrà elaborare un Piano Didattico Personalizzato. 

    Nella maggior parte dei casi, infatti, a seguito a tale diagnosi, il lavoro della scuola viene integrato con interventi e strumenti didattici dispensativi e compensativi, da parte di un pedagogista.

    Le caratteristiche dei Dsa sono le seguenti:

    • Il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo e circoscritto;
    • Il funzionamento intellettive generale è intatto;
    • Il disturbo è innato;
    • E’ sempre presente nel percorso evolutivo;
    • Gli adattamenti didattici non sono sufficienti a migliorare il quadro clinico;
    • La prestazione è resistente all’automazione;
    • La modificabilità è modesta.

    Una caratteristiche molto importante è proprio la specificità di questi disturbi che riguardano, infatti, l’alterazione di una specifica funzione.

    Il disturbo, dunque, è circoscritto, ad un determinato dominio di abilità.

    Bes: definizioni e caratteristiche

    Con il termine Bisogni Educativi Speciali intendiamo:

    qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento, permanente o transitoria, in ambito educativo e/o apprenditivo, dovuta all’interazione di diversi fattori, e che necessita di educazione speciale individualizzata.

    Non è un concetto clinico, non viene diagnosticato, bensì è una condizione di difficoltà che deve essere riconosciuta per garantire all’alunno un programma su misura.

    La persona con bisogno educativo speciale vive una particolare condizione di svantaggio culturale, familiare, sociale, psicologico che non gli permette di sviluppare appieno le proprie competenze.

    Si tratta di situazioni di disagio e disadattamento scolastico, come:

    • Svantaggio o deprivazione sociale;
    • Provenienza e bagaglio linguistico-culturale;
    • Difficoltà di integrazione sociale e culturale;
    • Alunni con famiglie difficili e/o multiproblematiche;
    • Contesti familiari svantaggiati.

    Dsa Bes: strategie educativo-didattiche

    Quali strategie educativo-didattiche risultano fondamentali per il potenziamento degli apprendimenti?

    Alcune ricerche hanno evidenziato che a Dsa e Bes si accompagnano stili di apprendimento e altre caratteristiche cognitive specifiche, che è importante riconoscere per la predisposizione di una didattica personalizzata efficace.

    Per il riconoscimento di un potenziale disturbo dell’apprendimento o bisogno educativo speciale, quindi, è molto importante:

    • Individuare le caratteristiche cognitive su cui puntare per il raggiungimento del successo formativo;
    • Riconoscere e valorizzare gli stili di apprendimento preferiti;
    • Individuare gli stili cognitivi e di apprendimento utilizzati: globale/analitico, verbale/visuale, sistematico/intuitivo, convergente/divergente, impulsivo/riflessivo.

    In questo senso, risulta di fondamentale importanza promuovere un apprendimento inclusivo attento, cioè, all’unicità del soggetto e alla valorizzazione di tutte le specificità e diversità.

    Un insegnamento di qualità, infatti, si basa sui seguenti principi:

    1. E’ importante comprendere i bisogni dei singoli allievi
    2. Occorre utilizzare diversi canali comunicativi in riferimento ai bisogni specifici
    3. Gli stili di insegnamento e apprendimento devono essere peculiari alle caratteristiche degli alunni
    4. La scuola deve promuovere un clima di partecipazione, serenità, accoglienza e convivialità
    5. La valorizzazione e accettazione incondizionata di tutte le diversità e specificità
    6. Le strategie educative e didattiche devono essere creative e flessibili per adattarsi alla caratteristiche e ai bisogni di ciascun allievo.

    Una didattica di questo tipo, infatti, è necessaria per favorire l’apprendimento di bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento o Bisogni Educativi Speciali.

    Seguiteci: nel prossimo articolo approfondiremo le strategie didattiche ed educative per favorire l’inclusività in classe 😉

  • Discalculia evolutiva: le difficoltà di calcolo nella scuola primaria

    In questo articolo vi parliamo della discalculia evolutiva.

    Innanzitutto, che cosa è la discalculia evolutiva?

    E’ un disturbo dell’apprendimento, insieme alla dislessia e alla disgrafia, riferito però alla difficoltà di calcolo.

    E’ una difficoltà di produzione o di comprensione delle quantità, dei simboli numerici e delle operazioni aritmetiche di base.

    Coinvolge, dunque, sia le componenti di cognizione numerica basale, come il conteggio, comprensione e produzione di quantità, sia quelle di tipo procedurale, come l’esecuzione di algoritmi di calcolo.

    Discalculia evolutiva: definizione

    Si definisce come un disturbo a carico delle abilità numeriche e aritmetiche, che si manifesta in bambini con intelligenza normale.

    Può presentarsi con una certa frequenza in associazione alla dislessia, o a difficoltà di tipo visuo-spaziale.

    La discalculia non si riferisce in modo generico a tutta la matematica, ma solo ad alcune abilità di base, che corrispondono all’elaborazione del numero e alle procedure necessarie al calcolo, sia a mente che per iscritto.

    E’ possibile differenziare le difficoltà specifiche di calcolo, distinguendo i disturbi che riguardano la conoscenza numerica da quelli relativi al calcolo vero e proprio.

    La valutazione dell’apprendimento

    L’apprendimento della matematica implica aspetti diversi e anche la valutazione delle competenze in quest’ambito deve essere condotta su più livelli.

    E’ opportune approfondire sia le competenze di base del calcolo sia un’analisi qualitativa degli errori.

    La valutazione deve, dunque, prevedere prove diverse che indagano le componenti fondamentali del sistema numerico:

    • Calcolo a mente e scritto;
    • Conoscenza dei fatti aritmetici;
    • Giudizio di numerosità e di grandezza;
    • Ordinamento di serie di numeri;
    • Scrittura e lettura di numeri.

    Il caso di Camilla

    Riportiamo di seguito una descrizione di un caso di discalculia tratto dal volume “In classe ho un bambino che” di Cesare Cornoldi e Sara Zaccaria.

    Camilla è una bambina minuta, bionda, dall’apparenza un po’ più piccola dei suoi 10anni, si dimostra subito socievole e aperta.

    E’ lei a raccontare dei suoi interessi e della sua passione per la danza, ma quando si arriva a parlare della scuola si fa seria.

    Racconta che in classe seconda “non leggeva bene” ma che, nel corso dell’anno, si era così impegnata a casa, leggendo tanti libri, che alla fine aveva risolto il problema.

    I genitori confermano che attualmente, anche se Camilla è meno veloce delle sue compagne, legge senza errori e comprende bene il testo.

    Le difficoltà restano invece in matematica.

    I genitori affermano che già dalla classe terza della scuola primaria le maestre avevano segnalato qualche difficoltà, attribuendola tuttavia alla distrazione e allo scarso impegno.

    Decisero poi di rivolgersi ad uno specialista.

    Procedendo nella valutazione, si osserva una leggera lentezza nella lettura del testo, ma buone prestazioni nell’ambito della scrittura e della comprensione.

    Camilla dimostra una buona padronanza delle procedure e delle strategie di calcolo a mente e scritto.

    Incontra, invece, maggiori difficoltà in compiti apparentemente più semplici, che sondano la conoscenza e la comprensione del sistema dei numeri.

    In questo caso, dunque, una difficoltà più sugli aspetti di conoscenza numerica che a quelli relativi alle procedure di risoluzione.

  • Gli strumenti compensativi e la rappresentazione con mappe concettuali

    Quando parliamo di strumenti compensativi ci riferiamo a qualsiasi prodotto o sistema, in grado di bilanciare un’eventuale disabilità o disturbo riducendone gli effetti negativi.

    Ci riferiamo, dunque, all’insieme di procedimenti, stili di lavoro o apprendimento in grado di ridurre, se non superare, i limiti della disabilità o del disturbo.

    Gli strumenti compensativi possono essere utili a tutti i ragazzi e quindi possono essere proposti all’intera classe.

    Non hanno, infatti, nessuna caratteristica stigmatizzante e possono essere proposte a tutti gli alunni, facilitandone così la condivisione, l’accettazione e l’inclusione.

    Per gli alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento si propongono abitualmente strumenti differenti per efficacia e flessibilità, come la tabella dell’alfabeto, la tavola pitagorica, la calcolatrice, i computer.

    Non è sufficiente, però, che l’insegnante consenta l’uso in classe delle strategie compensative, senza insegnare agli allievi come si utilizzano.

    Il computer, infatti, è uno strumento compensativo che funziona solo se c’è vera competenza, ovvero solo se il ragazzo lo sa usare bene, con piena sicurezza, sapendolo adattare con flessibilità alle proprie esigenze di studio.

    In questo senso, parliamo di “didattica compensativa“.

    Le strategie compensative

    Le strategie compensative possono essere elaborate autonomamente dall’alunno, spesso per tentativi ed errori, altre possono essere proposte o suggerite dagli adulti.

    Esistono delle strategie che incidono più o meno direttamente sull’efficacia dei processi cognitivi, di comprensione e memorizzazione, e migliorano sensibilmente il metodo di studio.

    Una strategia può riguardare la capacità di integrare o mediare la comunicazione scritta attraverso altri codici, in particolare grafico-visivi: utilizzare schemi, grafici, mappe, diagrammi.

    In questo caso, con l’utilizzo di rappresentazioni grafiche è possibile integrare e rafforzare la comunicazione scritta.

    La rappresentazione per mappe concettuali

    La rappresentazione per mappe è una delle più potenti strategie compensative a disposizione degli alunni con DSA, in particolare nel caso di difficoltà di lettura e di studio, perché sostituisce o integra la comunicazione testuale con quella visiva.

    È una strategia che ha quasi sempre una componente tecnologica, perché le mappe si producono con il computer, ma le capacità individuali sono determinanti.

    Questa strategia compensativa, dunque, non può essere sviluppata e applicata in autonomia dagli studenti, in riferimento proprio alla sua complessità ed importanza.

    Richiede un attento e specifico intervento formativo, non tanto sulle capacità informatiche, bensì soprattutto sulla capacità di organizzare e strutturare le informazioni che si vogliono rappresentare.

    La costruzione di una mappa concettuale, infatti, è un’operazione complessa e richiede una specifica attività formativa.

    Non ci si riferisce tanto all’esecuzione grafica, quanto alla capacità di sintesi e di attenta rilettura dei contenuti, ovvero individuare i nodi e i concetti associati, assegnare ad essi delle etichette, individuare i collegamenti.

    Per molti versi, le mappe sono utili per gli alunni con DSA come lo sono per i loro compagni, in quanto li aiutano a:

    • Organizzare le conoscenze già possedute;
    • Facilitano l’elaborazione di nuove informazioni;
    • Potenziare la comprensione e la memorizzazione di nuovi concetti.

    La mappa aiuta i ragazzi a memorizzare i contenuti perché ne favorisce l’organizzazione logica ed evidenzia i collegamenti tra le informazioni possedute.

  • I Disturbi Specifici dell’Apprendimento: Dislessia definizione

    Nello scorso articolo abbiamo parlato dei Disturbi Specifici dell’apprendimento, focalizzando l’attenzione sulla Disgrafia.

    Oggi approfondiamo, invece, la Dislessia: definizione origine e caratteristiche, cominciando proprio dal suo significato.

    Dislessia definizione: una disabilità dell’apprendimento caratterizzata dalla difficoltà a effettuare una lettura accurata e fluente e da scarse abilità nella scrittura.

    La dislessia è un disturbo che ostacola il normale processo di interpretazione dei segni grafici con cui si rappresentano per iscritto le parole.

    È un disturbo della capacità di leggere.

    Dislessia definizione e origine

    Non è ancora possibile affermare, con certezza, quali siano le cause dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

    Tuttavia, studi recenti indicano che le difficoltà incontrate dalle persone con DSA debbano essere attribuite a disfunzioni in alcuni meccanismi cerebrali.

    Le cause sarebbero da ricercarsi in un diverso funzionamento di alcune aree del cervello e in modo più specifico, a una difficoltà diffusa ne coordinare le informazioni provenienti dalle diverse aree cerebrali implicate nei complessi processi di lettura, scrittura, calcolo e ragionamento matematico.

    Infatti, i soggetti con DSA non sono tutti uguali poiché ogni soggetto
    presenta uno o più processi deficitari differenti per entità e tipologia
    che la diagnosi e il profilo funzionale descriveranno in maniera dettagliata analizzando le componenti del sistema mentale nella sua globalità e nelle specifiche aree di apprendimento.

    Ad ogni modo, nulla ha a che vedere con l’intelligenza.

    Le caratteristiche della dislessia

    La dislessia si può presentare in modo diverso da bambino a bambino.

    Vediamo insieme le caratteristiche più comuni che possono presentarsi.

    1. Scarsa discriminazione dei grafemi diversamente orientati nello spazio: il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili, ma diversamente orientati.
      Egli, ad esempio, confonde la “p” e la “b”; la “d” e la “q”; la “u” e la “n”; la “a” e la “e”; la “b” e la “d”.
    2. Scarsa discriminazione di grafemi che differiscono per piccoli particolari: il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che presentano somiglianze.
      Egli, ad esempio può confondere la “m” con la “n”; la “c” con la “e”; la “f” con la “t”.
    3. Difficoltà di decodifica sequenziale: leggere richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra – destra e dall’alto in basso.
      tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di apprendimento della lettura, ma, con l’affinarsi della tecnica e con l’uso della componente intuitiva la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico talvolta ci troviamo di fronte, invece a un vero e proprio ostacolo.
    4. Omissione di grafemi e sillabe: il soggetto omette la lettura di parti della parola; può tralasciare la decodifica di consonanti oppure di vocali, e spesso anche di sillabe.
    5. Salti di parole e salti da un rigo all’altro: il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di intere righe di lettura.
    6. Inversioni di sillabe: spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di decodifica della sillaba.
    7. Aggiunte e ripetizioni: la difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra – destra può dare origine anche ad errori di decodifica caratterizzati dall’aggiunta di un grafema o di una sillaba.

    La dislessia evolutiva: come riconoscerla

    Con tale termine intendiamo uno specifico disturbo nell’automatizzazione
    funzionale dell’abilità di lettura decifrativa
    (lettura di testi o parole ad alta voce).

    La mancata automatizzazione si può osservare sia in una eccessiva lentezza nella lettura, che in un abbondante numero di errori di lettura.

    Tutti gli studi dimostrano che anche il dislessico lieve mantiene per lunghi anni una differenza significativa rispetto ai suoi compagni di classe. Non si può dire che egli non migliori in assoluto, ma manterrà sempre una differenza di velocità e accuratezza di lettura rispetto ai suoi coetanei.

    Dunque la dislessia evolutiva non è una malattia perché non è transitoria né ci sono rimedi chiari e rapidi per eliminarla.

    Intervenire tempestivamente è fondamentale per realizzare un intervento educativo mirato: il tipo di proposte didattiche e strategiche che vengono fatte ai bambini possono facilitarne il superamento o complicarla.

    In questo senso, risulta di fondamentale importanza l’osservazione sistematica e periodica.

    In qualità di studio di consulenza pedagogica, ci occupiamo di progettare e realizzare, a seguito dell’individuazione di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, percorsi di sostegno allo studio individuali ed integrativi alla scuola.

    Non esitare a contattarci per una prima consulenza gratuita.

  • I disturbi specifici dell’apprendimento: Disgrafia significato

    La comparsa di una difficoltà inattesa, in quanto non preannunciata, può generare un senso di sconforto negli adulti e disorientamento e frustrazione nel bambino che fino a quel momento non aveva ricevuto segnali di inadeguatezza per le sue prestazioni.

    Questo cambiamento di comportamento può essere dovuto a diversi motivi, uno dei quali possono essere i Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

    Cosa si intende con la sigla DSA?

    I DSA riguardano le difficoltà riscontrate nell’area degli apprendimenti scolastici di base, ovvero lettura, scrittura e calcolo, nonostante le buone competenze intellettive del bambino e un ambiente socio-culturale adeguato.

    E’ un disturbo “specifico” perché riguarda l’alterazione di una specifica funzione: è, cioè. circoscritto ad un determinato dominio di abilità.

    Inoltre, è un disturbo innato, è sempre presente nel percorso evolutivo.

    In questo articolo approfondiamo la Disgrafia, per poi proseguire con l’approfondimento degli altri disturbi.

    Disgrafia significato: un disturbo specifico dell’apprendimento che riguarda esclusivamente il grafismo, ovvero la riproduzione di segni alfabetici e numerici.

    Si tratta, dunque, di un disordine delle componenti periferiche, cioè esecutivo-motorie, e non riguarda le regole ortografiche e sintattiche.

    La disgrafia deve essere distinta dalla disortografia che rappresenta, invece, un disordine di decodifica del testo scritto che risale ad un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura.

    La disgrafia è proprio un deficit di natura motoria, ovvero nei processi di realizzazione dei grafemi.

    Caratteristiche della disgrafia

    • Fatica sul piano di scrittura;
    • Impugnatura della penna scorretta;
    • Pressione della mano sul foglio troppo forte o troppo leggera;
    • Capacità di utilizzare lo spazio a disposizione per scrivere;
    • Dimensioni delle lettere non rispettate;
    • Scrittura incomprensibile al bambino stesso;
    • Minore fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura.

    Le difficoltà nella scrittura possono, dunque, essere riconosciute con errori e difficoltà nell’attività grafo-motoria e lentezza nell’evocazione dello schema grafo-motorio.

    Per individuare un alunno con un potenziale Disturbo, è molto importante l’osservazione delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati.

    Ad esempio, per ciò che riguarda la scrittura, è possibile osservare la presenza di errori ricorrenti, che possono essere comuni in una fase di apprendimento o in una classe precedente, ma che si presentano a lungo e in modo non occasionale.

    Nei ragazzi più grandi, invece, è possibile notare l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche o la punteggiatura.

    Individuazione del rischio DSA

    Queste difficoltà sono relegate al mondo scolastico, poiché non è possibile evidenziare un DSA a un bambino senza chiedergli di leggere, scrivere o fare calcoli.

    Infatti, non è possibile fare diagnosi di DSA finché il bambino non ha raggiunto la scuola primaria.

    Nonostante ciò, possono essere individuati alcuni segnali d’allarme anche all’inizio dell’apprendimento, come l’eccessiva stanchezza e impegno nell’eseguire compiti scolastici.

    Già dalla scuola dell’infanzia, infatti, si possono rilevare casi a rischio di DSA e porre in atto tutti gli interventi conseguenti, ossia tutte le strategie didattiche adatte.

    Per individuare i fattori di rischio è importante utilizzare allo stesso tempo più fonti di informazione:

    • Anamnesi;
    • Osservazioni sistematiche;
    • Valutazioni da parte degli insegnanti;
    • Questionari e colloqui con i genitori.

    Anamnesi, colloqui con i genitori, osservazioni sistematiche e periodiche sono fondamentali per accorgersi tempestivamente dell’eventuale presenza di difficoltà di questo tipo per poi realizzare attività didattiche e pedagogiche mirate con il sostegno di pedagogista esperto.

    Il tempestivo riconoscimento, infatti, permette la realizzazione di un intervento immediato, con l’attivazione di percorsi educativi mirati.

    In qualità di studio di consulenza pedagogica, ci occupiamo di progettare e realizzare, a seguito dell’individuazione di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, percorsi di sostegno allo studio individuali ed integrativi alla scuola.

    Non esitare a contattarci per una prima consulenza gratuita.

  • Bisogni educativi speciali: l’importante ruolo della pedagogia

    Sentiamo spesso parlare di Bisogni Educativi Speciali e della necessità di promuovere un intervento didattico individualizzato e personalizzato.

    Ma sappiamo realmente cosa è un BES?
    Sappiamo quando è il momento di contattare un esperto?
    Siamo consapevoli dell’importanza di promuovere un intervento individualizzato?

    Oggi vogliamo parlarvi proprio di questo.

    I Bisogni Educativi Speciali

    Vediamo innanzitutto cosa è un Bisogno Educativo Speciale.

    E’ una qualsiasi difficoltà di apprendimento e di comportamento, che si presenta durante l’età evolutiva, non necessariamente riconducibile ad un disturbo o ad una disabilità.

    Non è, dunque, un concetto clinico, e non deve essere diagnosticato con test specifici.

    Può essere riconosciuto attraverso l’osservazione da parte di un Pedagogista esperto nell’età evolutiva.

    I bambini con Bisogni Educativi Speciali vivono una particolare condizione di svantaggio culturale, familiare, sociale, linguistico, psicologico, che non gli permettono di apprendere e sviluppare pienamente le loro competenze.

    Si tratta proprio di tutte quelle situazioni di disagio e disadattamento scolastico, ad esempio:

    • Svantaggio o deprivazione sociale;  
    • Provenienza e bagaglio linguistico-culturale;
    • Difficoltà di integrazione sociale e culturale;
    • Ambienti famigliari difficili e/o multiproblematici;
    • Contesti familiari svantaggiati.

    Il ruolo della pedagogia e del Piano Didattico Individualizzato

    Tale situazione particolare, che compromette il pieno sviluppo delle capacità, deve essere riconosciuta per garantire ai bambini di arrivare comunque ad apprendere con modalità diverse e programmi su misura.

    In questo senso, molto importante risulta la capacità di osservazione, da parte degli insegnanti, dei pedagogisti e anche dei genitori.

    Soprattutto insegnanti e pedagogisti.

    Un’analisi profonda, approfondita e obiettiva che possa delineare un quadro completo e utilizzabile, per poi andare a definire un intervento educativo-formativo-didattico, le misure e le strategie, per i bambini con Bisogni Educativi Speciali.

    Il Piano Didattico Personalizzato e Individualizzato deve essere, infatti, uno strumento di lavoro che include progettazioni didattico-educative “su misura”.

    E’ un intervento ad hoc, su misura, calibrato sui bisogni specifici del bambino, che diviene personalizzato, dandogli la possibilità di sviluppare al meglio le proprie potenzialità.

    Nei casi di Bisogni Educativi Speciali si rivela indispensabile l’intervento del pedagogista in grado di:

    Individuare e identificare un Bisogno Educativo Speciale in un bambino, per favorire il processo di apprendimento autonomo e la sua integrazione nella classe e nel gruppo di pari.

    Progettare percorsi di intervento come supporto individuale al bambino ed integrativo nella scuola.

    Accorgersi per tempo di un Bisogno Educativo Speciale garantirà al bambino di avere successo e di sentirsi protagonista del suo percorso di apprendimento, senza rimanere indietro, ma acquisendo ugualmente, seppur in modalità diverse e specifiche, le competenze e le conoscenze fondamentali.

× Richiedi una consulenza!