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  • Come diventare pedagogista: studi, esperienze e prospettive

    In questo articolo vogliamo approfondire il ruolo del pedagogista rispondendo alla domanda “come diventare pedagogista”.

    Quale percorso di studi è necessario intraprendere?

    Quali sono le prospettive e gli obiettivi occupazionali di questa professione?

    Partiamo sfatando un grande mito!

    La pedagogia è la scienza umana che studia l’educazione e la formazione dell’uomo nella sua interezza durante il suo intero ciclo di vita.

    Erroneamente, infatti, si pensa che questa scienza umana si limiti allo studio dei bambini, ma non è così, un pedagogista studia l’educazione e la formazione dell’uomo in ogni fase della vita a partire dalla nascita sino alla vecchiaia.

    La pedagogia ha nel suo massimo scopo non solo la formulazione di teorie sullo sviluppo e la formazione dell’uomo, ma anche e soprattutto la risoluzione dei problemi pratici che l’uomo può affrontare durante il suo percorso educativo e formativo. 

    L’obiettivo della pedagogia è quello di analizzare le situazioni problematiche al fine di scoprirne e testarne una possibile soluzione.

    Dunque, parliamo di ricerca e applicazione allo stesso tempo.

    La pedagogia, come e forse più di altre scienze umane, si contraddistingue per le sue radici profondamente legate ad altri studi umanistici come la Filosofia, la Letteratura, l’Arte e la Storia.

    Come diventare pedagogista: il percorso di studi

    Per diventare pedagogista è necessario intraprendere un percorso di formazione specifico.

    Serve, sicuramente il superamento dell’esame di maturità, che sia presso un liceo, quindi che porti al raggiungimento di un diploma di liceo scientifico, classico o artistico, o un istituto tecnico.

    Successivamente si può iniziare un percorso di laurea triennale in ambito educativo, sociologico o psicologico.

    Il corso di laurea più coerente è la Laurea L-19 in Scienze dell’Educazione.

    E’ possibile intraprendere anche altri corsi di laurea in ambito psicologico o sociologico.

    Il rischio, in quest’ultimo caso, potrebbe essere quello di dover poi integrare alcuni esami per potersi iscrivere al corso di laurea magistrale.

    Per diventare pedagogista occorre iscriversi ad uno dei seguenti corsi di Laurea magistrale:

    • LM-50 Programmazione e gestione dei servizi educativi;
    • LM-57 Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua;
    • LM-85 Scienze pedagogiche;
    • LM-93 Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education.

    Successivamente è possibile specializzarsi con master di specializzazione o seguire dei corsi di perfezionamento in base all’ambito in cui si intende operare e all’utenza alla quale ci si vuole rivolgere.

    Infine, per sopperire la mancanza di un ordine vero e proprio o di un collegio, è consigliabile iscriversi ad un’associazione di categoria per attenersi ad un codice deontologico ben preciso.

    Le prospettive occupazionali del pedagogista

    Vediamo ora le prospettive occupazionali del pedagogista, ovvero “lo specialista dei processi educativi e formativi”.

    Il pedagogista può lavorare come:

    • Libero professionista;
    • Dipendente in scuole pubbliche o private;
    • Coordinatore pedagogico di servizi educativi e formativa presso gli Enti locali;
    • Coordinatore o Consulente presso i Servizi del Ministero della Giustizia;
    • Docente presso l’Università;
    • Coordinatore presso l’ASL;
    • Formatore presso Aziende o Enti privati e pubblici.

    Nello specifico, il pedagogista può occuparsi delle seguenti attività.

    In primis, la consulenza pedagogica, rivolta a tutte le persone, alle coppie, ai genitori, alle famiglie, ai bambini e agli adolescenti, agli educatori e agli insegnanti, agli anziani e ai disabili.

    La consulenza pedagogica offre un affiancamento temporaneo, grazie al quale creare nuove basi relazionali per riuscire a utilizzare le proprie risorse in modo efficace, tirando fuori cioè gli strumenti necessari ad affrontare situazioni difficili, per un possibile cambiamento.

    Il pedagogista può poi occuparsi dell’attività di progettazione, gestione e verifica in ambito educativo e formativo, ad esempio nelle scuole.

    Inoltre, può occuparsi di ricerca e sperimentazione in ambito educativo-pedagogico e di formazione su temi educativo-pedagogici.

    Per approfondimenti su come diventare pedagogista vi consiglio di dare un’occhiata al nostro corso specifico, ecco il link!

  • Il gioco educativo: quali attività pratiche e creative da fare in casa

    gioco educativo

    Il gioco educativo è fondamentale per uno sviluppo sereno ed equilibrato del bambino.

    Conoscere e comprendere questo suo lato educativo è molto importante per proporre ai bambini attività pratiche e creative.

    In grado, cioè, di stimolare la loro mente e la loro creatività.

    Tutto ciò acquista un significato maggiore in questo particolare momento di emergenza sanitaria, dove i bambini sono costretti a trascorrere le giornate in casa.

    Non possono, infatti, andare a scuola, praticare sport o attività del tempo libero.

    Il gioco educativo

    Il gioco possiede una straordinaria valenza educativa. 

    Incrementa, infatti, varie funzioni, quali:

    • Cognitiva, ovvero le capacità pratiche e le conoscenze;
    • Emotiva, ovvero le capacità di gestire i conflitti;
    • Socializzante, in quanto permette di entrare in contatto con gli altri.

    Il gioco costituisce una parte integrante del suo mondo.

    Rappresenta, infatti, il suo modo di comunicare e il mezzo di scambio con cui include ed insieme domina la realtà circostante.

    Giocare permette al bambino di costruire progressivamente la sua identità, stimolando l’acquisizione di abilità sociali e relazionali. 

    Stadi di sviluppo del gioco

    In quanto strumento di crescita e di formazione, il gioco educativo può avere obiettivi differenti e può sviluppare competenze e abilità specifiche, in base alla fascia di età dei bambini a cui si rivolge.

    Ad ogni fascia di età, infatti, corrispondono capacità e abilità diverse, ad esempio:

    • La coordinazione;
    • La memoria;
    • L’associazione di idee;
    • La manipolazione.

    Starà quindi ad ogni educatore scegliere un gioco che sia adatto all’età dei bambini a cui è rivolto e calibrare la quantità di stimoli, regole e metodi educativi in base alle loro caratteristiche ed esigenze.

    Dalla nascita ai 2 anni

    Il primo stadio corrisponde allo stadio senso motorio, con giochi di esercizi volti proprio a sviluppare le capacità e l’intelligenza senso motoria.

    Qui sono da preferire giochi sensoriali di manipolazione e il gioco dei travasi con vari materiali per sviluppare la motricità fine, la concentrazione e la coordinazione.

    Dai 2 ai 7 anni

    In questo stadio si sviluppa l’intelligenza pre-operatoria, per cui il bambino inizia a comprendere la realtà che gli sta intorno ed avverte il desiderio di rappresentarla a suo modo.

    Il bambino inizia a sperimentare, infatti, il gioco simbolico, inteso proprio come modalità di relazione e di sperimentazione della realtà.

    Qui sono da preferire i giochi motori e di movimento, i giochi di memoria e di coordinazione.

    Dai 7 agli 11 anni

    Questo è lo stadio operatorio concreto e formale, in quanto il bambino è in grado di fare piccoli ragionamenti e inferenze.

    I bambini iniziano a sentire il bisogno di giochi più strutturati e progettati che prevedano anche la partecipazione degli adulti o dei coetanei.

    Nel Quarto Modulo del Ciclo di Incontri Formativi “EduchiAmo Noi Stessi” vedremo tutto questo!

    Di cosa parleremo

    Nella prima parte viene presentato il gioco educativo, con le sue caratteristiche e funzioni, focalizzando l’attenzione sull’importanza di differenziare e proporre i giochi in base all’età del bambino, in quanto ogni età ha bisogni e competenze differenti.

    Nella seconda parte vengono presentate le attività e i giochi da proporre ai bambini per fascia di età, con consigli e spunti pratici, facendo particolare riferimento all’arte di diversificare le varie attività.

    L’ultima parte, invece, è costituita da approfondimenti, teorici e pratici, su alcune attività e giochi che permettono lo sviluppo di particolari competenze e abilità nei bambini: dai giochi di manipolazione e di costruzione, ai giochi motori e sensoriali, fino al gioco simbolico.

    Non esitate a scriverci per informazioni.

    Vi aspettiamo!!

    Bibliografia

    Shaffer H. R, (2004), Psicologia dello sviluppo. Un’introduzione, Raffaello Cortina Editori

    Garvey C, (2009), Il gioco. L’attività ludica come apprendimento, Armando Editore

  • Educare alle regole e al compromesso: istruzioni per l’uso

    educare alle regole

    Educare alle regole un bambino è di fondamentale importanza per la sua crescita equilibrata e serena.

    L’educazione alle regole è uno dei temi maggiormente dibattuti nel mondo dell’educazione.

    Infatti, una domanda molto comune che i genitori mi pongono durante i corsi o le consulenze è: “dovrebbe prevalere un atteggiamento autoritario e punitivo oppure un approccio più permissivo?”.

    E ancora “a quale età è opportuno introdurre un sistema di regole?” oppure “in che modo è possibile impostare un sistema di regole efficace?”.

    Per approfondire gli stili educativi genitoriali vi rimando a questo nostro articolo che mette in luce lo stile educativo più funzionale e positivo, ovvero quello autorevole.

    Regole: significato e funzioni

    Quando pensate alla parola regola cosa vi viene in mente?

    Le regole non sono dei divieti, delle imposizioni, degli ordini prescrittivi e coercitivi.

    Sono bensì delle norme di comportamento che guidano il bambino nella sua crescita equilibrata.

    La parola regola deriva infatti da règere, ossia guidare.

    In questo senso, la sua prima funziona è quella di fornire una guida al comportamento del bambino.

    Come potete intuire l’assenza di regole significa lasciare il bambino privo di una guida, il che aumenta il rischio di comportamenti problematici, disorientamento e ansia.

    Una seconda fondamentale funzione delle regole è quella di rendere l’ambiente prevedibile, fornendo ai bambini un ordine e una prevedibilità nel contesto di vita.

    La presenza di regole è poi il prerequisito essenziale per fondare l’appartenenza ad un gruppo, ad esempio al gruppo famiglia.

    Infine, la presenza di regole è fondamentale per garantire al bambino il diritto alla disubbidienza.

    Sembra paradossale lo so ma è così, il soggetto in età evolutiva deve talvolta trasgredire, al fine di riconoscere l’esistenza di un limite che è opportuno non oltrepassare in futuro.

    Come educare alle regole in modo positivo

    L’obiettivo del genitore non deve essere quello di stilare un elenco più o meno esaustivo di regole, bensì quello di far compiere al bambino il percorso della conoscenza delle regole alla loro applicazione.

    Molto importante, inoltre, è la coerenza con la quale vengono proposte e fatte rispettare le regole.

    Coerenza educativa da parte di entrambi i genitori, anche e soprattutto in caso di affidamento condiviso dei figli.

    I genitori, infatti, devono concordare la modalità educativa che ritengono più utile e funzionale, anche con il sostegno di un pedagogista esperto.

    L’incoerenza educativa genera nel bambino disorientamento e difficoltà nel comprendere e mettere in atto le diverse regole proposte.

    Ad esempio, viene ripreso dalla mamma per un comportamento mentre dal papà non viene ripreso; ciò genera inevitabilmente disorientamento e il bambino non saprà cosa attendersi in futuro.

    Questo tipo di incertezza lo espone a stati di ansia crescenti, il che ovviamente finirà solamente per incrementare i comportamenti di disubbidienza e disaccordo.

    Come è possibile implementare un sistema di regole funzionale e positivo?

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