L’affidamento familiare del minore per un suo sviluppo individuale e sociale

Familia e affidamento del minore

L’affidamento familiare, o affido, è un intervento temporaneo di aiuto e sostegno al minore che proviene da una famiglia che non è in grado di occuparsi in modo sufficiente e completo delle sue necessità.

Si tratta proprio di una disposizione giuridica di aiuto e sostegno al soggetto in difficoltà.

In questo senso, il diritto afferma che, se non è proprio possibile farlo permanere nella propria famiglia, deve essere affidato ad una famiglia temporanea e sostitutiva.

Al minore deve essere infatti assicurato un ambiente familiare sereno ed idoneo alle sue esigenze di vita, anche a costo di disporre l’affidamento familiare.

Le difficoltà familiari che impongono tale provvedimento possono essere:

  • Momentanee della famiglia, che si risolvono in affidi nello stesso ambito parentale e su iniziativa dei genitori;
  • Conseguenti a carenze dei genitori, che portano inevitabilmente all’affidamento;
  • Conseguenti alla rottura dell’unità familiare, con l’affidamento esclusivo o condiviso dei figli;
  • Non temporanee che esigono un sostegno continuativo al minore.

In uno specifico approfondimento, è stato trattato precedentemente l‘affidamento esclusivo e condiviso dei figli.

In questa sede l’attenzione è focalizzata sugli affidamenti familiari temporanei, conseguenti a difficoltà momentanee all’interno della famiglia. 

Questo specifico tipo di affidamento è disciplinato dalla Legge n. 184/1983, con successive modifiche introdotte dalla Legge n. 149/2001, Legge sul diritto del minore ad una famiglia.

La legge in questione non ha disciplinato tutti i tipi di affidamento ma soltanto una particolare tipologia di affidamento.

Ovvero, l’affidamento familiare temporaneo, funzionale ad impedire, attraverso il recupero della famiglia d’origine resa di nuovo capace di adempiere alla sua funzione, una pronuncia di adottabilità.

Tale affido familiare prevede, nello stesso tempo, due misure fondamentali:

  • Un’adeguata assistenza al bambino in difficoltà;
  • Un recupero delle relazioni familiari momentaneamente carenti o poco soddisfacenti per i minori.

La funzione dell’affidamento è quella di assicurare al minore, con difficoltà che rendono impossibile la sua permanenza nella famiglia d’origine, un altro ambiente familiare che gli possa assicurare mantenimento, l’istruzione e l’educazione.

Riassumendo, tre sono le sue funzioni:

  • Garantire al minore in difficoltà un ambiente familiare idoneo che, temporaneamente, gli possa assicurare mantenimento, istruzione ed educazione;
  • Recuperare le funzioni genitoriali della famiglia di origine;
  • Preparare, facilitare e realizzare il rientro del minore nella sua famiglia

E’ pertanto essenziale che la privazione di un idoneo ambiente familiare sia temporanea.

Il concetto di temporaneità resta nel vago non essendo fissata l’entità di tempo a cui si fa riferimento.

La valutazione deve essere effettuata tenendo in  considerazione il vissuto del bambino, la sua età, e le concrete prospettive di recupero del genitore in tempi necessariamente brevi.

L’affidamento familiare è contestualmente un affido sia alla famiglia affidataria, sia ai servizi che devono operare attivamente per un compiuto recupero della famiglia di origine.

La famiglia affidataria deve collaborare con i servizi per recuperare le loro funzioni genitoriali, preparando anche il ragazzo al concreto reinserimento.

La legge del 2001 richiede espressamente che Stato, Regione e Enti locali promuovano iniziative di formazione, preparazione e aggiornamento sul delicato tema dell’affido familiare.

L’obiettivo è infatti quello di preparare e realizzare il reinserimento del ragazzo nella sua famiglia recuperata.

In tal senso, la famiglia affidataria deve essere in grado di:

  • Aprirsi all’esterno e ai problemi della famiglia di origine, senza chiudersi sul bambino in stato di bisogno;
  • Comprendere le difficoltà della famiglia che non può e non deve essere giudicata o colpevolizzata;
  • Rispettare il vissuto del ragazzo e il suo mondo affettivo;
  • Rafforzare, e non distruggere, il legame affettivo del ragazzo con i suoi genitori e il suo ordinario ambiente di vita;
  • Preparare il rientro del minore nella famiglia di origine, attraverso sostegno e concreto aiuto nel superare le difficoltà che hanno portato la famiglia a non adempiere alle proprie funzioni educative.

I soggetti che possono essere utilizzati, ai sensi della legge, nell’affidamento familiare sono i seguenti:

  • La famiglia, con propri figli in età minore, perché ciò facilita l’inserimento del minore;
  • Una persona singola, purché valida psicologicamente e pedagogicamente;
  • La comunità di tipo familiare, come gruppi appartamento, gruppi famiglia, piccole comunità, sufficientemente stabili da garantire al ragazzo la continuità.

Non si cercano figure genitoriali sostitutive di quelle ordinarie, come invece accade nell’adozione, bensì solo un ambiente familiare rassicurante e strutturante restando le figure genitoriali di riferimento quelle proprie del minore.

La nuova legge del 2001 sancisce che, nel provvedimento di affido, deve essere indicato il periodo di presumibile durata, in relazione al complesso di interventi necessari per il recupero della famiglia.

Il legislatore dispone che il tempo di durata prefissato non può superare i 24 mesi, anche se realisticamente parla della possibilità di prorogare tale termine se la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.

Tale legge, come già accennato, impegna i servizi dell’Ente locale ad una azione di preparazione  e di sostegno dell’affido familiare.

Nello specifico, all’Ente locale compete un’attività di:

  • Promozione dell’affido nell’opinione pubblica, per suscitare “vocazioni” per questa importante iniziativa di solidarietà sociale;
  • Formazione e aggiornamento per gli operatori professionali impegnati in tale settore;
  • Preparazione e formazione dei soggetti che si orientano per svolgere questo servizio.

Inoltre, è previsto che il servizio sociale svolga un’opera di sostegno pedagogico, psicologico ed economico, deve agevolare i rapporti con la famiglia di origine, deve predisporre il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee.

I poteri/doveri della famiglia affidataria che derivano dal provvedimento di affido sono i seguenti:

  • Accogliere presso di loro il minore, instaurando un rapporto educativo personalizzato e significativo;
  • Mantenere, educare ed istruire il minore, svolgendo così tutte le funzioni proprie dei genitori;
  • Tenere conto delle indicazioni di questi ultimi.

Il genitore ha infatti la possibilità di vigilare sull’andamento dell’affido e sulle modalità educative poste in essere dall’affidatario, a meno che non sia stata dichiarata la decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale.

L’affidamento familiare deve dunque prevedere la collaborazione tra la famiglia affidataria, la famiglia di origine e i servizi locali.

Solo così sarà possibile adempiere alla funzione principale dell’affido: recuperare la famiglia originaria e favorire il rientro del minore nella stessa.

Bibliografia 

Moro A. C, (2014), Manuale di diritto minorile, Zanichelli Bologna

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