Il minore nel processo civile: la consulenza tecnica

consulenza tecnica

Il minore può essere coinvolto in prima persona nel procedimento giudiziario: può essere lui l’oggetto o il destinatario indiretto.

L’ordinamento giuridico si è preoccupato di disciplinare la posizione del minore imputato di un reato, cercando di garantirne i diritti nei procedimenti che lo riguardano.

Scarsamente si è invece preoccupato del minore vittima in un procedimento penale o chiamato a testimoniare, a seguito di una situazione abusante o violenta.

Di questi delicati argomenti parleremo nel prossimo articolo.

Qui approfondiremo il procedimento civile, focalizzandoci sul ruolo della consulenza tecnica, anche nei casi di separazione dei genitori, le cui conseguenze toccano anche i figli.

L’ascolto del minore nel processo

Fondamentale, per rispettare la personalità del minore, è garantirgli la possibilità di far conoscere le proprie valutazioni della situazione in cui è coinvolto, esigenze aspettative.

La riforma della filiazione (l. 219/2012 e D.lgs 154/2013) ha disciplinato con portata generale l’ascolto del minore.

L’articolo 315 bis menziona il diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e procedure che lo riguardano, quando abbia compiuto i 12 anni o quando, anche di età inferiore, sia capace di discernimento.

Con ciò viene sancita l’esistenza di un vero e proprio diritto del minore.

Il giudice, prima di procedere all’ascolto, deve informare il minore della natura del procedimento e dei suoi effetti.

Per garantire la spontaneità della partecipazione del minore, è prevista la partecipazione dei genitori e dei difensori delle parti o anche del curatore, solo se ammessi dal giudice.

L’ascolto può essere condotto direttamente dal giudice, oppure può essere effettuato avvalendosi di esperti, sempre per tutelare la personalità minorile.

La rappresentanza tecnica: il difensore

Le persone che non hanno, come i minori, il libero esercizio dei propri diritti, non possono stare in giudizio se non a mezzo di un rappresentante.

Il difensore tecnico viene assegnato al minore solo se egli è parte nel processo, se è coinvolto in prima persona.

Si prevede infatti una obbligatoria assistenza legale nel campo della procedura di adozione e nel campo degli interventi sulla responsabilità genitoriale.

Nelle procedure civili in cui è ora prevista la presenza di un difensore, il minore non ha capacità processuale in proprio ed è processualmente assente se non è rappresentato da qualcuno.

Il difensore tecnico ha soltanto la funzione di “assisterlo” sul piano della tecnica giuridica.

E’ un mero strumento di assistenza tecnica e può non comprendere completamente l’interesse del minore in questione.

Nonostante ciò, dovrà ovviamente avere una particolare capacità ed attitudine a comprendere le esigenze del soggetto in formazione, con il suo vissuto e i suoi problemi.

L’interpretazione delle esigenze del minore: la consulenza tecnica

E’ sempre più viva l’attenzione al minore come persona e la necessità di comprendere i suoi reali bisogni, nel rispetto della sua personalità.

Ciò comporta, sempre più spesso, il ricorso ad un consulente tecnico, per lo più un pedagogista o uno psicologo, che analizzi la situazione, il modo in cui è vissuta e sofferta dal bambino e le migliori prospettive per aiutarlo a uscire da una situazione di difficoltà.

La consulenza tecnica si ritiene lo strumento ideale per poter prendere una decisione conforme ai suoi interessi, da privilegiare rispetto a quelli degli adulti.

L’attività del consulente tecnico, di parte o di ufficio, comporta le seguenti attività:

  • Evidenziare l’interesse del minore, in un contesto in cui esso rischia di essere trascurato o posto in secondo piano;
  • Far emergere dall’ombra le situazioni di disagio del minore, spesso non avvertite dai genitori o attribuite alla responsabilità dell’altro;
  • Analizzare, comprendere e giudicare una situazione problematica;
  • Sviluppare una funzione di aiuto, sostegno, di sviluppo positivo delle relazioni.

In questo senso, la consulenza tecnica implica non tanto un asettico giudizio finale quanto, lo svolgimento di un percorso che consenta di migliorare le condizioni del bambino.

Non deve avvenire soltanto attraverso la predisposizione di quesiti e la stesura della relazione finale, così come non deve essere vista come mera indagine in un momento limitato del procedimento giudiziario.

Deve, bensì, prevedere un complesso lavoro volto a comprendere in profondità la situazione del bambino e sviluppare ipotesi di miglioramento per tale situazione.

La consulenza nei casi di separazione

Nelle dinamiche processuali legate alla separazione, come l’affidamento o le modalità di frequentazione, non sono coinvolti soltanto i genitori, ma anche i figli.

In questi casi il giudice deve regolamentare il nuovo assetto relazionale della famiglia, avendo sempre riguardo all’interesse del minore.

Proprio per garantire e rispettare tale interesse, può acquisire informazioni utili, avvalendosi dell’aiuto di un esperto, per individuare la soluzione più idonea.

Un consulente tecnico incaricato di compiere un’indagine sulle capacità genitoriali e sui rapporti dei genitori con il figlio, è di grande aiuto per prendere la decisione finale.

Una consulenza simile, senza però una valenza legale, bensì personale, la potete trovare fra i nostri servizi.

Tale consulenza pedagogica può essere molto utile per i genitori: per sostenerli ed accompagnarli nel difficile percorso della separazione o per risolvere problematiche e conflittualità, litigi ed incomprensioni.

Il tutto sempre nell’esclusivo interesse dei figli, per limitare il più possibile l’impatto negativo della separazione e mantenere comunque un equilibrio familiare sereno e positivo.

Bibliografia

Moro C. A, (2014), Manuale di diritto minorile, Zanichelli Bologna

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