Nei precedenti articoli abbiamo parlato di quali sono le forme e le conseguenze della violenza, approfondendo quella assistita e intrafamiliare.
Essa è una particolare forma di violenza e di maltrattamento che avviene tra le mure domestiche e coinvolge l’intero nucleo familiare, anche i figli.
Quando questi atti di violenza si svolgono all’interno della famiglia ed in presenza di minori, si parla di “violenza assistita”, una forma molto pericolosa per lo sviluppo del bambino.
Può infatti essere la causa di gravi conseguenze emotive, cognitive e comportamentali, ma anche uno sviluppo e una crescita disfunzionali.
In questo articolo affronteremo le cosiddette “condotte lesive”, ovvero le forme di violenza psicologica causata dai genitori nei confronti dei figli.
Indice dei contenuti
Le condotte lesive
La violenza psicologica, così come la violenza assistita, non prevede necessariamente azioni fisiche e dirette, bensì può riguardare anche azioni indirette.
Rientrano infatti nei casi di violenza psicologica tutte quelle azioni e comportamenti che, indirettamente, hanno una influenza negativa e violenta sui figli.
Questi casi, purtroppo, sono ancora nascosti e poco conosciuti, in quanto la violenza psicologica agisce nell’ombra e passa spesso inosservata, lasciando lo spazio solo alla violenza puramente fisica.
Vediamoli insieme e iniziamo a conoscerli.
PAS: la sindrome di alienazione parentale
Con questo termine si intende una forma di violenza psicologica sui figli che coinvolge direttamente sia figli che genitori.
E’ una dinamica psicologica disfunzionale che può avere effetti gravissimi: emotivi, comportamentali, di sviluppo e di crescita.
Può avvenire in presenza di una coppia coniugata e convivente, ma anche e soprattutto in presenza di genitori separati, o in procinto di separarsi.
Ricordate che nella maggior parte dei casi la PAS si verifica proprio nel momento in cui i genitori si stanno separando o si sono appena separati.
Una situazione molto comune vede un genitore che vuole controllare il coniuge e l’intera situazione familiare, attraverso il figlio. E’ il caso di un padre violento che vuole controllare la madre.
Si tratta di condotte e comportamenti manipolatori, che causano una vera e propria violenza psicologica sui figli.
Il minore diventa, così, un mezzo di sfogo per genitori in conflitto: per un padre violento e manipolatorio, da un lato, e per una madre vittimizzata che cerca sostegno, dall’altro.
Attenzione!
In questa situazione, vostro figlio non riuscirà ad instaurare un legame significativo, reale e concreto con nessuno dei due genitori, perché non in grado di sostenerlo per un sereno ed equilibrato sviluppo.
L’abbandono di minore
Parlerò adesso di una fattispecie violenta nei confronti dei figli, di cui purtroppo sentiamo parlare, ogni tanto, anche dai media.
Nell’articolo 591 del codice penale si fa riferimento all’abbandono di persone deboli: i minori e i soggetti incapaci.
Tale condotta fa riferimento ad un’azione o ad un’omissione a carico dei soggetti che devono avere cura e garantire protezione dei cosiddetti soggetti deboli.
Per poter parlare di abbandono, da questa omissione deve derivare uno stato di pericolo, anche potenziale, che necessita di essere dimostrato.
L’abbandono non è dunque una violenza fisica, ma è una trascuratezza che rientra nelle forme di violenza psicologica.
Il termine trascuratezza fa riferimento ad una inadeguata attenzione da parte delle figure genitoriali nei confronti dei bisogni evolutivi e delle necessità del bambino.
E‘ quindi una particolare forma di maltrattamento e di abuso.
A sostegno di ciò troviamo diverse Sentenze della Cassazione che, nei doveri genitoriali, annoverano quello di “essere presenti” per i propri figli.
Importante sottolineare che l’articolo 591 del codice penale è strettamente in correlazione con i maltrattamenti sui minori.
L’iperprotezione
Con iperprotezione si intende un eccesso di cure, di protezione, di paure e di ansie da parte del genitore verso i figli: è proprio il contrario della trascuratezza!
Non è un reato, bensì è una errata modalità educativa, che può portare a gravi conseguenze per lo sviluppo del minore.
E’ generalmente la madre, il genitore più iperprotettivo, prima figura di rifermento per il piccolo.
I genitori che crescono i figli (dis-educano, possiamo dire) usando una educazione di questo tipo, sono generalmente genitori spaventati, ansiosi a loro volta, chiusi, critici e autoreferenziali.
E’ una modalità educativa che può includere fare regali costosi, promettere di diventare come la mamma da grandi, bandire attività più libere o vacanze a contatto con molta gente.
Il bambino così cresce con un eccesso di ansie, preoccupazioni e paure nei confronti del mondo esterno e degli altri, da non permettergli una corretta crescita psico-fisica.
L’eccesso di accudimento e di attenzioni comporta un isolamento del minore dalle attività scolastiche e ricreative, impedendo i rapporti sociali con i coetanei.
Così facendo vengono violati i diritti del bambini, causando una vera e proprio violenza psicologica sui figli.
La violenza psicologica e il reato di maltrattamento
La violenza psicologica è punibile dalla legge perché rientra nell’articolo 572 del codice penale “Maltrattamenti contro familiari o conviventi”.
Il reato di maltrattamenti si configura quando ci sono comportamenti vessatori, che coinvolgono anche indirettamente i figli, come involontari spettatori delle liti tra i genitori.
Non prevede dunque necessariamente azioni fisiche dirette sui figli, ma offende ugualmente l’interesse del minore, in quanto lo costringe ad essere presente e testimone di queste manifestazioni violente.
A conferma di ciò cito la Sentenza n. 1833 del 2018, che inserisce la violenza assistita indirettamente dai figli, nel reato di maltrattamenti.
Il caso di Riccardo
Riportiamo ora un caso realmente accaduto, il caso di Riccardo, un adolescente il cui nome è naturalmente fittizio, per farvi capire in che modo la violenza assistita rientra nei reati di maltrattamenti.
I genitori di Riccardo non vanno più d’accordo, litigano sempre più spesso, anche davanti al figlio.
Il padre, violento, aggredisce verbalmente la madre, spaventata e silenziosa.
Riccardo assiste a tutto ciò. Spesso è costretto a chiudersi nella sua camera o ascoltare la musica ad alto volume per non sentire.
Nonostante ciò non manifesta particolari segnali di disagio, palesi, se non alcune forme di “imbarazzo”, come verrà riferito poi in sede di giudizio.
Il clima in casa è ormai irrespirabile, colmo di violenza, paura e tensione, ma i genitori, non rendendosi conto del problema, e di quanto Riccardo stia soffrendo, continuano a litigare.
A seguito di una denuncia, i genitori vengono imputati del reato di maltrattamento sul figlio, per averlo costretto ad assistere alle reiterate manifestazioni di conflittualità e ripetuti episodi di violenza psicologica.
E’ emerso che la condotta del genitore ha causato disprezzo, offesa alla dignità e sofferenza morale del figlio minore.
Il figlio ha dovuto vivere in una famiglia, anche se per un lasso di tempo limitato, nella quale regnava timore, paura e supremazia.
Il tempo non ha importanza, anche se è stato limitato ha comunque provocato una grave sofferenza nel figlio.
Quando e come fare causa a un genitore
E’ consentito fare causa a un genitore. o ad entrambi, quando viene a mancare la responsabilità genitoriale.
Quando cioè non vengono rispettati i doveri genitoriali, espressi dall’articolo 315 bis del codice civile.
Secondo questo articolo, “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacita’, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”.
I principali motivi di cause civili contro i genitori sono i seguenti:
- Non adempiere all’obbligo di mantenimento dei figlio, anche se maggiorenne;
- Interferire nelle scelte del figlio, costringendolo a fare qualcosa contro la sua volontà, non rispettando le sue inclinazioni naturali e aspirazioni.
- Impedire al figlio di frequentare la scuola e di ottenere un’educazione adeguata.
Il procedimento giudiziario può essere attivato dal Giudice Tutelare, su richiesta da parte degli assistenti sociali o di coloro che assistono a tali violazioni.
Il Giudice deve accertare che la segnalazione dica il vero, analizzando la situazione della famiglia, sentendo i genitori, ascoltando il minore, sempre sopra i 12 anni di età.
Se la situazione riscontrata è grave, può prendere provvedimenti urgenti.
Il Tribunale dei Minori può predisporre l’affidamento temporaneo ai servizi sociali, in attesa della sentenza, e prevedere il decadimento della capacità genitoriale e l’allontanamento definitivo del minore dalla famiglia violenta.
Ciò non deve, o perlomeno non dovrebbe succedere, fino a quando non si ha la certezza assoluta che i genitori stanno commettendo un reato nei confronti dei figli.
Allontanare un minore dalla propria famiglia, anche se per poco tempo, è sempre un evento traumatico, e deve essere fatto accertando e comprendendo bene la situazione.
In questo senso, noi ci occupiamo di segnalare una eventuale situazione di disagio, ma sempre e solo dopo aver accertato le dinamiche e fatto le opportune verifiche, contattando chi di competenza, dopo avere compreso ed ascoltato i genitori.
Contattateci, possiamo aiutarvi a ritrovare la vostra armonia familiare e superare situazioni di disagio.
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5 allarmi di violenza psicologica in famiglia - Forensics Team
[…] L’indifferenza come forma di violenza psicologica in famiglia alimenta i sentimenti di dubbio, confusione, solitudine e sentimenti di vuoto depressivo, soprattutto in situazioni in cui è in essere quel meccanismo di manipolazione sui figli conosciuto come Sindrome di Alienazione Parentale. […]
Novembre 5, 2021 at 1:52 pm