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Giulia Piazza

  • Gestione delle emozioni nei bambini: consigli e strategie

    La gestione delle emozioni è molto importante nella crescita e nello sviluppo dei bambini.

    In realtà, tutto ciò che riguarda le emozioni è importante per la crescita dei bambini.

    Di emozioni abbiamo già parlato in un nostro precedente articolo, che puoi trovare cliccando qui, riguardante lo sviluppo emotivo e il linguaggio delle emozioni.

    Abbiamo visto, infatti, che un’emozione può essere definita come “una reazione soggettiva a un evento saliente, caratterizzata da cambiamenti fisiologici, esperienziali e comportamentali”.

    C’è sempre un evento scatenante specifico per ogni emozione, così come ci sono sempre cambiamenti fisiologici, esperienziali e comportamentali.

    Le emozioni ci accompagnano quotidianamente: alla base di ogni comportamento, infatti, si cela sempre un’emozione!

    Hanno funzioni positive e servono per comunicare i propri bisogni ed esigenze agli altri, hanno una valore di sopravvivenza e svolgono funzioni utili per la regolazione interpersonale.

    La gestione delle emozioni

    Rabbia, gioia, tristezza, paura sono tutte emozioni che i bambini, e anche gli adulti, possono provare in riferimento a diverse situazioni.

    Fondamentale è la modalità di gestione delle emozioni 😉

    A volte possono essere difficili da gestire, soprattutto la rabbia o la tristezza, e la modalità più utilizzata potrebbe essere quella di reprimerle o contenerle.

    Questa modalità però non è educativamente funzionale.

    Al contrario le emozioni devono essere sempre espresse, comunicate e gestite in modo positivo e costruttivo 😉

    I genitori in questo hanno un ruolo fondamentale nell’educare i bambini alla “giusta” espressione e gestione delle proprie emozioni.

    Ecco qualche consiglio per aiutare i bambini a regolare le proprie emozioni 😉

    Educare alle emozioni

    La capacità dei bambini di gestire le emozioni non è innata, ma si apprende con la crescita, soprattutto osservando i propri genitori e le altre persone a loro vicini.

    Sono i genitori, infatti, che aiutano i bambini a comprendere e orientare la tensione interna che si accompagna a un vissuto emotivo.

    In questo è importante accompagnare i bambini, già dalla tenera età, nella conoscenza e nella comprensione di tutte le emozioni, nonché nella loro espressione positiva.

    Dare l’esempio è fondamentale.

    Parlare delle proprie emozioni, mostrando come gestirle e verbalizzarle in modo appropriato e particolareggiato.

    Incoraggiare a propria volta il bambino a parlare di quello che sente.

    È importante evitare frasi come “non essere triste” o “non dovresti arrabbiarti per questo”, ma incoraggiare espressioni come “ho visto che sei triste. Cosa è successo? Ti va di parlarne?”.

    Oppure riportare esperienze personali per incoraggiare il bambino a parlarne, normalizzando il suo vissuto interno (“una volta anche io mi sono sentito in questo modo perché…”). 

    È importante far capire al bambino che uno stesso evento può attivare emozioni diverse fra le persone e che è anche normale provare più emozioni diverse allo stesso tempo.

    Non c’è nulla di sbagliato nel provare emozioni, ma che al contrario è naturale provarle!

    Bisogna soltanto imparare a capire come e quando è appropriato agirle.

    Per altri consigli o approfondimenti non esitare a contattarci e richiedere un percorso specifico per accompagnare e educare alle emozioni i tuoi bambini.

  • Educazione e rispetto delle regole: quale equilibrio

    Educazione e rispetto delle regole sono due concetti fondamentali per la crescita e lo sviluppo equilibrato dei bambini.

    Riuscire a far “rispettare” le regole, infatti, è una delle principali difficoltà dei genitori nell’educazione dei propri figli.

    Ricevo quotidianamente richieste da parte di genitori che non riescono a farsi ascoltare dai propri figli oppure faticano a gestire i loro capricci.

    Un papà, ad esempio, mi racconta di non riuscire a farsi ascoltare dal proprio bambino: ogni giorno diventa una lotta per andare a dormire, vestirsi per andare all’asilo o accettare un “no”.

    Ancora, una mamma mi scrive di non riuscire a gestire il momento della nanna, in quanto la bambina non vuole mai smettere di giocare e andare a dormire.

    Ciò sfocia, naturalmente, in pianti e urla.

    Un’altra coppia di genitori mi racconta che il proprio figlio in casa si oppone ad ogni regola, disubbidendo continuamente.

    Tutte queste situazioni hanno un denominatore comune: come facilitare l’interiorizzazione, la comprensione e il rispetto delle regole nei bambini?

    Proprio per questo ho ideato un percorso specifico dal nome “EDUCHIAMOCI ALLE REGOLE” con l’intento di sostenere i genitori nell’educazione e nel rispetto delle regole.

    Per saperne di più!

    Cosa sono le regole

    Le regole non devono essere intese come divieti o imposizioni, dall’alto, bensì come norme di comportamento necessaria per la vita sociale e comunitaria.

    In famiglia, a scuola e in società dobbiamo conoscere, seguire e rispettare delle regole ben precise.

    Sancire delle regole, infatti, non è sufficiente per farle rispettare, così rimangono soltanto dei condizionamenti esterni.

    Per essere realmente rispettate devono essere conosciute, apprese e interiorizzate 😉

    Educazione e rispetto delle regole

    I bambini, anche molto piccoli, osservano tantissimo tutto quello che accade intorno a loro, per capire come funziona il mondo circostante.

    Crescendo, poi, queste osservazioni si fanno sempre più sistematiche verso il mondo intero.

    I bambini iniziano a consolidare l’apprendimento del “come si fa a…” ottenere le cose desiderabili, entrare in contatto con gli altri, gestire i conflitti, padroneggiare gli eventi, e così via.

    In questo modo, dunque, i bambini conoscono e interiorizzano le norme sociali necessarie per il vivere civile e per una socialità basata sul riconoscimento e sul rispetto reciproco.

    Così il bambino sperimenta sia la realtà fisica sia gli atteggiamenti e le risposte degli adulti, assumendo atteggiamenti provocatori per provocare, appunto, risposte chiarificatrici.

    Pensate ad esempio a quando il bambino fa un capriccio o punta i piedi perché non vuole fare una cosa e lancia uno sguardo agli adulti presenti per vedere cosa pensano e cosa fanno, per imparare cosa è permesso e cosa non lo è!

    Questi “gesti provocatori” devono essere colti: è questo il momento in cui il bambino chiede che gli venga insegnata una regola. Sgridarlo e basta vuol dire perdere un’importante occasione di apprendimento.

    Interiorizzare le regole è, dunque, un processo conoscitivo che deve essere sostenuto da noi adulti.

  • La gestione dei conflitti in età scolare: strategie e competenze

    La gestione di conflitti in modo positivo è importante in tutti i contesti sociali, soprattutto a scuola e in famiglia.

    I bambini devono essere, infatti, educati ad una corretta gestione dei conflitti 😉

    I conflitti sono un qualcosa di positivo se espressi e gestiti nel modo giusto!

    Cosa è un conflitto

    Il conflitto è sempre l’espressione di un bisogno insoddisfatto.

    Ebbene sì, alla base di un conflitto c’è sempre un qualcosa che non va, un disagio insoddisfatto e inespresso.

    Disagio che, per tale ragione, deve essere conosciuto e compreso per essere risolto.

    In questo senso, il conflitto può essere visto in modo sano e positivo perché permette alle persone coinvolte di esprimere il proprio disagio e risolverlo.

    Il conflitto interpersonale, infatti, si sviluppa tra due persone quando la soddisfazione di un desiderio o il conseguimento di un obiettivo da parte di un singolo entra in contrasto con i desideri e gli obiettivi di altre persone.

    Entrare in conflitto significa iniziare a discutere con un’altra persona e aprire un contesto comunicativo e dialogico che favorisce e offre l’opportunità di uno scambio attivo e concreto.

    Ogni comunicazione, così come ogni conflitto, necessita di abilità di interazione sociale, come ascolto attivo e dialogo, assertività, negoziazione e comprensione.

    La gestione dei conflitti

    Come anticipato, il conflitto in sé per sé non è dannoso, anzi se gestito e risolto efficacemente può essere molto positivo.

    Conflitti che si protraggono nel tempo, non risolti, diventano causa di rancori, aggressività e stress; ciò è sicuramente deleterio per tutti i rapporti interpersonali.

    La gestione dei conflitti efficace non significa soltanto risolverli, bensì conoscere le cause e le motivazioni che li hanno generati e le strategie per poter giungere alla loro pacifica risoluzione.

    Questa capacità di gestire i conflitti in modo positivo non è semplice da attuare, soprattutto per i bambini e i ragazzi che devono essere educati in questo da noi adulti.

    Quello che molto spesso accade, infatti, è che i ragazzi adottino provocazioni vicendevoli che sfociano poi in un’aggressività fine a se stessa.

    L’aggressione comporta sempre dei comportamenti che mirano ad offendere e nuocere l’altra persona.

    Il conflitto, invece, si manifesta in condizioni di incompatibilità, in cui una persona si oppone apertamente alle azioni o alle motivazioni dell’altro, inizia con l’opposizione ma termina sempre con la risoluzione.

    L’obiettivo principale del conflitto è, infatti, quello di ristabilire l’equilibrio personale e interpersonale attraverso l’uso di specifiche strategie di gestione dei conflitti.

    Per la gestione efficace dei conflitti è necessario mettere in campo le proprie personali capacità, tra cui:

    • Assertività;
    • Dialogo e ascolto attivo;
    • Capacità di gestire le proprie e altrui emozioni;
    • Intelligenza emotiva.

    Sviluppando tutte queste capacità e competenze i bambini e i ragazzi saranno in grado di gestire efficacemente i conflitti e vivere in modo sereno le proprie relazioni.

  • Gestire la rabbia nei bambini: istruzioni per l’uso

    Perché gestire la rabbia nei bambini non è sempre facile? Perché molto spesso pensiamo di doverla reprimere e contenere senza invece esprimerla nel modo adeguato?

    La rabbia è una delle emozioni primarie ed è di vitale importanza per la crescita e lo sviluppo dei bambini.

    In questo senso, la rabbia è un’emozione legittima che i bambini possono, anzi devono provare.

    Non deve, dunque, essere repressa, bensì deve essere compresa.

    Vediamo insieme come 😉

    La rabbia

    La rabbia è un’emozione primaria, insieme alla gioia, alla paura, alla tristezza e al disgusto.

    Molto spesso, però, viene considerata un’emozione scomoda, non piacevole, che non dovrebbe essere provata o meglio non dovrebbe essere espressa.

    La rabbia produce un aumento della pressione sanguigna, l’innalzamento dei neurotrasmettitori legati allo stress e l’abbassamento di quelli legati al piacere.

    Essa non è un’emozione né negativa né positiva, spesso ha a che fare con paura, frustrazione, senso di inadeguatezza. 

    I bambini, infatti, sono i primi a sentire questo senso di malessere che li assale.

    Malessere che, soprattutto se molto piccoli e non educati a gestire la rabbia, faticano a canalizzare nel modo giusto.

    I bambini molto piccoli la sperimentano in continuazione essendo parte integrante del loro processo di crescita.

    Possibili cause della rabbia nei bambini

    I bambini si arrabbiano molto spesso, per le ragioni più disparate e con le reazioni più disparate, lo sappiamo bene 😉

    Ecco alcune possibili cause:

    • Promesse fatte e non mantenute: attenzione a quello che promettete, deve essere sempre realistico!
    • Un “no” o una regola non compresa e non accettata;
    • Una frustrazione, ad esempio volere un oggetto e non poterlo avere;
    • Stanchezza;
    • Un’ambiente troppo affollato o rumoroso;
    • Un modo per attirare l’attenzione dell’adulto.

    In tutte queste situazioni ricordate sempre di non giudicare o di non minimizzare l’emozione della rabbia: è sempre lecita, i bambini non conoscono il giusto modo di esprimerla, per questo devono essere indirizzati da noi adulti 😉

    Imparare a gestire la rabbia

    Molto importante è educare i bambini a gestire la rabbia; non reprimerla, non contenerla, bensì gestirla e canalizzarla nel modo giusto!

    E’ fondamentale educare i bambini al fatto che la rabbia è un’emozione che possono provare, non c’è nulla di male ad essere arrabbiati, l’importante però è canalizzare e “sfogare” questa rabbia nel modo giusto.

    Voglio riportarvi il pensiero e i consigli del Metodo Montessori per canalizzare la rabbia.

    Immaginate un bambino che esplode in un attacco di rabbia, urla e pianti: qual è secondo voi ciò che sente?

    Sicuramente sente che l’ambiente in cui si trova non si adatta alle sue aspettative: non può avere ciò che desidera, si sente offeso, infastidito da qualcuno o da qualcosa.

    Nel rapporto tra il bambino e le proprie emozioni i genitori hanno il compito di guidarli nella scoperta di tali emozioni e nel loro apprendimento.

    I genitori devono essere presenti nella scoperta emotiva dei loro bambini per poter rispondere a tutte le loro domande e fare attenzione a ognuna delle loro emozioni.

    I consigli della Montessori

    1. Non giudicate, sottovalutate o minimizzate nessuna parola o emozione dei bambini: ogni emozione è importante.
    2. Evitate di fare paragoni con altri bambini.
    3. Siate una base sicura per il bambino, dove egli possa sentirsi protetto e sicuro.
    4. Permettete ai bambini di sbagliare, hanno bisogno di fare le cose da soli per sentirsi capaci e autonomi.

    Una volta compreso il motivo della manifestazione della rabbia, è importante educare il bambino a controllarla e gestirla nel modo giusto, limitando al massimo ansia e frustrazioni.

    Per richiedere una consulenza educativa personalizzata su come aiutare i vostri figli nel gestire la rabbia contattaci!

  • Come aiutare i figli nello studio: consigli e strategie

    Come aiutare i figli nello studio e “spronarli” a fare i compiti da soli?

    Molto probabilmente questo è una problematica comune a molti genitori: trovare il giusto equilibrio tra aiutare i propri figli nei compiti e renderli autonomi.

    Capita sicuramente che vostro figlio vi chieda un aiuto nello svolgimento dei compiti o nello studio.

    Ecco, come comportarsi e cosa fare per renderlo autonomo?

    Sicuramente non facendo i compiti al suo posto 😉

    Come aiutare i figli nello studio?

    Di seguito trovate alcuni consigli e strategie per aiutarli e sostenerli nello studio.

    Per prima cosa non sostituitevi a lui nello svolgimento dei compiti, fare i compiti al suo posto non lo aiuterà, anzi lo renderà sempre più dipendente e sempre meno autonomo.

    Provate invece con una bella iniezione di autostima, facendogli capire che credete in lui e nelle sue capacità.

    Fategli capire, cioè, che con l’impegno e la costanza può fronteggiare al meglio la sfida dei compiti a casa e dello studio.

    Resistete, dunque, alla tentazione di fare i compiti per lui: questo minerebbe ulteriormente la sua propria percezione di autoefficacia, dimostrandogli poca fiducia.

    Ricordategli come sbagliare non sia una tragedia, bensì un’importante passaggio per crescere, acquisendo la consapevolezza degli errori commessi.

    E’ importante, infatti, che i ragazzi commettano errori, nello studio ma anche nella vita, per crescere e imparare: il detto sbagliando s’impara è proprio vero 😉

    Per questo motivo, evitate di ricercare la perfezione.

    Meglio uno sbaglio fatto da solo che un compito giusto fatto da un genitore!

    Quando il bambino si rifiuta di fare i compiti?

    Innanzitutto è fondamentale capire se dietro questa poca voglia di studiare ci sia una semplice pigrizia o una più importante difficoltà nello svolgimento dei compiti.

    Occorre capire quale sia l’ostacolo da superare: è pigrizia? è noia? il compito sembra troppo difficile (o troppo facile)? è paura di sbagliare? o vi è un Disturbo dell’Apprendimento?

    Potrebbe infatti esserci alla base una difficoltà dell’apprendimento che necessita di un intervento specifico.

    In generale, è bene evitare di “corrompere” il bambino con promesse di giochi, dolci o regali se fanno i compiti, o al contrario con un castigo se non li fanno: la motivazione allo studio deve essere il più possibile intrinseca e non basarsi sulla promessa di premi o punizioni.

    I rinforzi sono importanti per riconoscere i comportamenti e i risultati positivi ma bisogna utilizzare i giusti rinforzi!

    Ad esempio, l’attenzione dell’adulto, segni di riconoscimento e di stima, permettergli di svolgere attività a lui gradite.

    E’ molto più efficace premiare l’impegno 😉

    Per altri consigli e spunti pratici visitate il nostro sito oppure scriveteci per scoprire i nostri percorsi formativi!

  • Genitori e didattica a distanza: consigli e spunti pratici

    In questo articolo voglio parlarvi del delicato, e inevitabile, equilibrio tra genitori e didattica a distanza.

    In questo periodo di emergenza sanitaria, infatti, le scuole hanno attivato spazi di didattica online o a distanza, con diversa frequenza in base alla classe frequentata dagli studenti.

    Un’esperienza sicuramente nuova per tutti noi, insegnanti, genitori e soprattutto per i ragazzi.

    Esperienza nuova e per certi versi anche problematica.

    La didattica a distanza

    Questa modalità permette di attuare il percorso di formazione a distanza, ossia fare comunque la lezione senza però incontrarsi fisicamente all’interno di un’aula, bensì solo in un’aula virtuale 😉

    Si avvale di numerosi strumenti tecnologici, i quali svolgono un ruolo fondamentale perché il processo di apprendimento risulti efficace.

    Richiede sicuramente un pc e una buona connessione!

    Proviamo a pensare ai bambini della Scuola Primaria, ecco in questo caso la didattica a distanza richiede senza dubbio la presenza e l’aiuto da parte dei genitori.

    I genitori, infatti, si trovano proprio a svolgere il ruolo di intermediari tra le richieste della scuola e il processo di apprendimento dei figli.

    Questo “nuovo ruolo” può essere fonte, per alcuni genitori, di stati di ansia e frustrazione perché non sempre si sentono all’altezza del compito e capaci di supportare i figli nel modo migliore.

    E’ un processo di apprendimento nuovo che richiede flessibilità e adattamento 😉

    Genitori e didattica a distanza: cosa fare?

    Quanto e quando devo aiutare mio figlio nella didattica a distanza?

    Lascio che sia autonomo, assumendomi il rischio che sbagli, o gli offro pieno supporto seguendolo passo passo?

    Domande molto comuni che ci permettono di capire quanto sia delicato l’equilibrio e il confine tra genitori e didattica a distanza.

    Ecco qualche consiglio che sicuramente potrà aiutarvi ad affrontare al meglio, insieme ai vostri figli, la didattica a distanza 😉

    Creare un ambiente dedicato allo studio

    Aiutate i vostri figli a crearsi e ad organizzare un proprio spazio dedicato dove studiare o seguire le lezioni.

    Una stanza, per esempio, con un tavolo o una scrivania sufficientemente ampia da contenere tutto il materiale richiesto: computer, libri, quaderni, astuccio.

    L’ambiente e lo spazio di apprendimento sono molto importanti e permettono al ragazzo di concentrarsi al meglio.

    Assicuratevi che sia un ambiente silenzioso, libero da distrazioni e abbia una buona connessione a Internet.

    Attenzione poi all’ordine! Devono organizzare e mantenere sempre in ordine il loro spazio, come se fosse il banco di scuola.

    Scandire il tempo per lo studio

    In sintonia con le richiesta dei docenti, alternate lo studio alle pause così che l’attenzione possa ritrovare la spinta necessaria ad affrontare tutti i compiti richiesti.

    Prestate una grande attenzione alle routine e alle abitudini sin dall’inizio.

    Mi spiego meglio, create con i ragazzi una routine flessibile, suddividendo le giornate in fasce di attività con tempi specifici: un tempo dedicato allo studio, un tempo dedicato alle attività del tempo libero, un tempo dedicato alla famiglia.

    Trovare la giusta vicinanza e la giusta distanza

    Il vostro contributo è certamente essenziale nella didattica a distanza, soprattutto con gli alunni più piccoli, ricordate però che le prove costruite dagli insegnanti sono destinate ai vostri figli.

    Offrite loro un supporto quando lo necessitano, ma lasciate che seguano la lezione da soli, come se fossero in classe.

    Tra i compiti dei bambini c’è proprio quello di imparare a chiedere aiuto in modo autonomo 😉

    Mostrate interesse in riferimento alle lezioni, ai compiti da svolgere e alle interrogazioni, chiedendo magari al mattino quali materie deve seguire e se ha qualche difficoltà nello svolgere alcuni compiti o nello studio.

    Chiedetegli “cosa posso fare per aiutarti?”

    A fine giornata, invece, provate a fare con lui il punto sulle attività terminate e quelle che dovranno essere terminate nei giorni seguenti, aiutandolo ad organizzare la giornata in modo da svolgere tutte le cose.

    L’organizzazione e il monitoraggio delle cose fatte e quelle ancora da fare è fondamentale. Aiutatelo in questo 😉

    Ciò permette anche a vostro figlio di sentirsi più responsabile e autonomo.

    Abbiamo ideato un percorso dedicato proprio ai ragazzi per diventare autonomi e responsabili nello studio, il Doposcuola Pedagogico.

    Per approfondire tutti questi aspetti contattaci per una prima consulenza gratuita o per richiedere il programma del Doposcuola Pedagogico!

  • Come responsabilizzare un figlio nello studio e nei compiti

    Come responsabilizzare un figlio, bambino o adolescente, nello studio e nello svolgimento dei compiti?

    Domanda che sicuramente tutti voi genitori vi siete fatti, non mentite 😉

    Parliamo spesso di responsabilità, a volte anche in modo spropositato.

    Responsabilità nello studio, dedicare il giusto tempo e attribuire i risultati positivi, ma anche quelli negativi, alle proprie capacità e non a fattori esterni.

    Ebbene sì, questo è un aspetto molto importante della responsabilità che può aiutare i ragazzi a vivere serenamente la propria esperienza di apprendimento.

    Ma, cosa significa la parola responsabilità?

    Il concetto di responsabilità

    Innanzitutto, tale concetto può avere una valenza diversa a seconda del contesto e della circostanza.

    Respons-abilità è la nostra abilità di fornire delle risposte, nonché di riconoscere che i nostri pensieri, atteggiamenti ed emozioni possono produrre determinati risultati.

    E’, inoltre, una forma di attenzione che ciascuno di noi riserva a se stesso, agli altri e al mondo che lo circonda.

    La responsabilità può anche essere definita come la “possibilità di prevedere le conseguenze del proprio comportamento e correggere lo stesso sulla base di tale previsione”.

    Per questo motivo molto spesso la responsabilità è associata alla colpa, soprattutto quando i risultati sono diversi da quelli attesi o desiderati.

    L’assunzione di responsabilità riguarda però il concatenarsi degli eventi, le cui cause e i cui effetti sono frutto delle nostre decisioni e delle nostre scelte.

    Responsabilità, dunque, non vuole dire essere colpevoli, bensì essere capaci di rispondere in modo abile e adeguato ad un qualsiasi evento, positivo o negativo.

    Assumersi le proprie responsabilità implica inevitabilmente la credenza che ognuno di noi è artefice del proprio destino, riconducendo l’attenzione su noi stessi e sulle nostre azioni, mettendosi anche in discussione e capire quando è il momento di agire per il proprio cambiamento.

    Essere responsabili significa, quindi, interrogarsi sempre e capire quali possono essere le possibili azioni da mettere in campo per affrontare una determinata situazione oppure raggiungere un determinato risultato.

    La responsabilità dello studente

    Se applichiamo tutti questi concetti alla responsabilità degli studenti a scuola, nello studio e nello svolgimento dei compiti, troveremo sicuramente molte similitudini.

    La responsabilità di un risultato, soprattutto se negativo, in un compito in classe o in un’interrogazione, è uno degli argomenti più difficili da interiorizzare per uno studente.

    “Non è colpa mia, il professore mi ha chiesto l’unica cosa che non avevo studiato” “il compito era troppo difficile” “il professore ce l’ha con me” sono solo alcune frasi che sicuramente avete sentito dai vostri figli.

    Dare la colpa o attribuire la responsabilità a fattori esterni, seppure controproducente, è molto più facile!

    Ciò implica giustificarsi, trovare scuse, dare la colpa agli altri e mai a noi stessi, attribuire il fallimento o la riuscita al destino o alla fortuna.

    Questo atteggiamento porta gli studenti a “deresponsabilizzarsi”, a giustificarsi con gli altri ma anche con se stessi, respingendo le critiche e mantenendo intatta la propria autostima, almeno in apparenza.

    Come responsabilizzare un figlio nello studio

    Come responsabilizzare un figlio e fare in modo che possa imparare dai suoi errori e assumersi le proprie responsabilità?

    Il prima passo è di certo cambiare questo atteggiamento controproducente e iniziare a percepire la propria capacità di controllare le azioni e gli eventi.

    Capacità di controllo unita alla capacità di modificare e cambiare gli eventi: divenire, cioè, consapevoli che con il proprio impegno è possibile influire e modificare gli eventi.

    Assumere che la responsabilità dei propri risultati offre la possibilità di fermarsi e riflettere: “hai fatto tutto quello che potevi per passare l’esame o potevi fare diversamente?”.

    In questo modo, lavorando sull’assunzione di responsabilità, vostro figlio potrà iniziare a domandarsi “cosa posso fare io per modificare o cambiare la mia situazione? come posso ottenere un risultato migliore?”.

    Nessuna fortuna, niente giustificazioni, solo impegno e responsabilità.

    Con il nostro metodo Doposcuola Pedagogico i ragazzi saranno accompagnati in un percorso di sostegno volto all’assunzione di responsabilità e di autonomia nello studio.

    Scrivici per ricevere il programma del Doposcuola Pedagogico!

  • Problemi apprendimento: concentrazione e metodo di studio

    Problemi apprendimento: concentrazione e metodo di studio sono due concetti che, quando si parla di studio e apprendimento, sono fondamentali.

    Soprattutto la concentrazione e l’attenzione, in quanto interagiscono ed influenzano notevolmente con la modalità di studio e di apprendimento dei ragazzi.

    Nel nostro Doposcuola Pedagogico, infatti, viene riconosciuto un ruolo centrale proprio alla concentrazione e all’attenzione, riconoscendoli come fattori in gioco per favorire un apprendimento di qualità.

    Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza 😉

    Problemi apprendimento: concentrazione

    Quante volte vi sarà capitato ai ricevimenti con gli insegnanti di sentirvi dire “vostro figlio è un ragazzino sveglio, pieno di idee e iniziative, ma…si distrae facilmente ed è incostante: spesso non completa i compiti o li svolge in modo frettoloso, con imprecisioni o errori banali”.

    Eppure, voi vedete che vostro figlio sta tutto il pomeriggio sui libri, come fa a rendere poco?

    Probabilmente il motivo può essere ritrovato in una scarsa concentrazione e attenzione!

    La concentrazione richiede un grande sforzo personale, in quanto non è stabile per tutto l’arco della giornata e varia in base all’età.

    Non è sempre facile mantenere alto il livello di concentrazione.

    Molto spesso, infatti, e in alcuni momenti particolari, i ragazzi possono avere poca voglia di studiare ma anche poca determinazione o poca motivazione.

    Lo studio e lo svolgimento dei compiti a casa richiedono tanto impegno e una buona dose di concentrazione, soprattutto in questo periodo con la didattica a distanza.

    Passando le giornate in casa, infatti, tra lezioni online e compiti, senza un confronto attivo e diretto con i compagni di classe e gli insegnanti, la concentrazione rischia di diminuire ulteriormente.

    Ma, che cosa è la concentrazione?

    La concentrazione e l’attenzione

    La concentrazione è la capacità di rimanere focalizzati e dirigere la propria attenzione, in modo costante e volontario, verso un compito o un’attività specifica.

    Quando parliamo di concentrazione stiamo attivando le cosiddette funzioni esecutive, ovvero quell’insieme di processi mentali necessari per svolgere un determinato compito o raggiungere un determinato obiettivo.

    Esse condizionano il nostro comportamento in situazioni complesse, nuove ed impegnative.

    Sono processi che permettono alla persona di pianificare e attuare progetti finalizzati al raggiungimento di un obiettivo e garantiscono il monitoraggio e la modifica del comportamento in caso di necessità o lo adeguano a nuove situazioni.

    Sono indispensabili in tutte quelle attività di vita quotidiana, come lo studio, che richiedono problem solving, pianificazione e raggiungimento di un obiettivo.

    Anche l’attenzione è una funzione esecutiva.

    In tutte le attività di studio, infatti, vengono impiegate le seguenti funzioni esecutive:

    • Inibizione: : capacità di focalizzare l’attenzione su dati rilevanti ignorando i “distrattori” e inibendo le risposte non adeguate;
    • Flessibilità: capacità di cambiare gli stimoli in base alle informazioni del contesto;
    • Pianificazione: capacità di formulare un piano ed organizzare le azioni in sequenza gerarchica verso la meta;
    • Memoria di lavoro: capacità di mantenere attivo il piano della memoria di lavoro;
    • Attenzione: capacità che permette di selezionare le informazioni e mantenere le risorse cognitive impegnate per svolgere uno o più compiti.

    Nello specifico, l’attenzione ci permette di mantenere stabile la concentrazione su una attività e di impegnare le nostre risorse cognitive nel modo più adeguato.

    Questa capacità è molto variabile e può dipendere da differenti condizioni ambientali, ma anche dal nostro umore e dalla nostra motivazione, dal livello di stress e dall’età.

    Consigli per migliorare la concentrazione

    La concentrazione, in quanto abilità mentale, può essere allenata e potenziata con strategie pratiche da parte di un Pedagogista esperto.

    È molto importante per ciascuno di noi, conoscere quali siano le condizioni migliori per ottenere livelli di attenzione utili agli scopi che vogliamo realizzare.

    Qualche esempio? 😉

    Sicuramente per mantenere la giusta concentrazione molto importante è adottare un metodo di studio efficace e personalizzato, in riferimento alle specifiche caratteristiche e stili cognitivi di ciascuno di noi.

    L’ambiente dove studiamo influisce molto sulla nostra capacità di rimanere concentrati: scegliamo un ambiente tranquillo e silenzioso, senza distrazioni, un luogo nostro, nel quale ci sentiamo a nostro agio.

    Di grande importanza sono anche le pause: staccare anche solo per cinque minuti dall’attività che stiamo svolgendo e dedicarsi ad un qualcosa che ci rilassa ci aiuterà tantissimo ad aumentare la nostra concentrazione.

    La motivazione poi riveste un ruolo fondamentale in quanto, molte volte, la mancanza di concentrazione può essere dovuta ad una perdita della motivazione.

    Per ritrovare la giusta “spinta” energetica e motivante è importante definire bene i nostri obiettivi e il perché ci stiamo dedicando a quell’attività di studio.

    Queste e tante altre strategie e modalità sono utilizzate nel nostro Doposcuola Pedagogico per potenziare l’apprendimento degli studenti.

    Scrivici per ricevere il Programma del Doposcuola Pedagogico!

  • Mio figlio non vuole fare i compiti: consigli e spunti pratici

    “Mio figlio non vuole fare i compiti e non vuole studiare” oppure “mio figlio non riesce a concentrarsi” sono frasi che sentiamo molto spesso da parte dei genitori con figli in età scolare.

    Cosa fare e come comportarsi in questi casi?

    Quante volte hai cercato di “obbligarlo” a fare i compiti o a studiare, senza però riuscirci?

    Quante volte hai cercato di fare i compiti insieme a lui, ma si distrae continuamente e non ti ascolta?

    Molto importante, in questi casi, è riconoscere che molto probabilmente è il momento di rivolgersi ad un esperto 😉

    Non ad un professionista qualunque bensì ad un Pedagogista dell’educazione e dell’apprendimento.

    Perché rivolgersi ad un Pedagogista

    La pedagogia è la disciplina che studia l’educazione e la formazione dell’essere umano nella sua interezza, ovvero lungo tutto il ciclo della vita.

    Si occupa dei diversi approcci educativi che coinvolgono l’uomo e la donna nei diversi momenti e situazioni dello sviluppo: dall’infanzia all’adolescenza fino all’età adulta e senile.

    Si rivolge, dunque, ai contesti formali, non-formali e informali, nei quali avviene il processo di formazione della persona.

    In questo senso, il Pedagogista è lo specialista dei processi educativi, formativi e di apprendimento.

    Si occupa di sviluppare il potenziale umano e apprenditivo del bambino, come dell’adulto, attraverso l’osservazione, l’analisi dei bisogni educativi della persona e la strutturazione di interventi di natura pedagogica.

    Il Pedagogista è in grado, infatti, di comprendere i comportamenti, i pensieri, gli stili e le strategie utilizzate dal ragazzo nell’apprendimento.

    Il tutto in modo specifico e personalizzato.

    Il segreto è proprio la personalizzazione 😉

    In questo modo, attraverso l’elaborazione di un piano didattico e formativo personalizzato, è possibile potenziare realmente e concretamente le strategie e i metodi di studio e rendere lo studente autonomo nel suo apprendimento.

    Quali comportamenti osservare

    Quali sono i comportamenti da osservare per sapere quando è il momento di rivolgersi ad un Pedagogista esperto dei processi di apprendimento?

    Vediamoli insieme.

    Mio figlio non vuole fare i compiti e studiare

    Tuo figlio continua a collezionare voti bassi nelle interrogazioni e nei compiti in classe e il suo rendimento continua a peggiorare, nonostante le ore e ore passate sui libri.

    Questo è il primo campanello d’allarme.

    Se tuo figlio passa molto tempo sui libri, senza però ottenere grandi risultati, ciò potrebbe essere dovuto a queste situazioni:

    • Continue e frequenti distrazioni durante lo studio o lo svolgimento dei compiti;
    • Difficoltà a concentrarsi e a studiare in autonomia;
    • Mancanza di impegno dovuto ad un interesse limitato per quello che si sta studiando.

    Tutto ciò può portare ad un abbassamento sempre maggiore del rendimento scolastico, ma anche ad una diminuzione dell’autostima e della fiducia nelle proprie capacità, con conseguenza disastrose per i risultati dell’apprendimento.

    Mio figlio non riesce a rimanere concentrato

    Il secondo campanello d’allarme da osservare è proprio la mancanza di concentrazione e attenzione quando si sta studiando o si sta svolgendo un compito specifico.

    La concentrazione e l’attenzione, infatti, giocano un ruolo fondamentale nell’apprendimento e nello studio: una persona può essere intelligente, avere abilità e competenze, ma se non si concentra riponendo tutte le energie sull’attività non otterrà risultati positivi.

    Entrambe queste abilità, concentrazione e attenzione, sono utilizzate nello svolgimento di situazioni nuovo e complesse, per questo motivo richiedono un grande sforzo personale.

    Mio figlio non è interessato a nessuna materia scolastica

    Il terzo campanello d’allarme da riconoscere è la presenza o meno di interesse nell’attività che si sta svolgendo.

    L’interesse gioca un ruolo fondamentale nell’apprendimento: se non c’è interesse non è possibile impegnarsi e focalizzarsi sullo svolgimento di una certa attività.

    Se non c’è l’interesse, probabilmente non c’è neanche la motivazione, ovvero quella “carica energetica” che sostiene o, quando manca, frena l’apprendimento.

    È quindi di fondamentale importanza per raggiungere buoni risultati scolastici e per imparare qualcosa di nuovo.

    Senza dubbio possiamo dire che la motivazione è variabile: notevole se un’attività ci piace molto, ridotta invece se ci viene imposta un’esperienza lontana dai nostri interessi.

    Mio figlio non riesce ad organizzarsi e a gestire il tempo per lo studio

    Il quarto campanello d’allarme da osservare è proprio l’incapacità di organizzarsi in autonomia nello studio e nelle varie attività.

    L’organizzazione del lavoro personale, ovvero saper organizzare in autonomia i compiti e lo studio per il giorno dopo o per la settimana, saper gestire le priorità o le scadenze, non è semplice e richiede tanta pratica.

    Se tuo figlio non riesce mai a svolgere tutti i compiti per il giorno dopo, gli manca sempre qualcosa da fare, arriva sempre al giorno prima della verifica o dell’interrogazione con sempre qualcosa da studiare.

    Questo perché non riesce ad organizzare tutti compiti in funzione delle scadenze e delle priorità.

    Tutti questi elementi sono alla base del nostro metodo Doposcuola Pedagogico: un percorso di autonomia e sostegno allo studio per sostenere i ragazzi nel loro apprendimento con l’utilizzo di strategie efficaci e l’acquisizione di un metodo di studio personalizzato!

    Scrivici per ricevere il programma del Doposcuola Pedagogico 😉

  • Metodo di studio efficace e Doposcuola Pedagogico

    metodo di studio efficace

    Oggi vi presento il nostro Doposcuola Pedagogico dedicato a tutti gli studenti per renderli autonomi nella scoperta e nell’utilizzo del loro metodo di studio efficace.

    E’ un vero e proprio metodo di supporto e potenziamento allo studio.

    Ebbene si, avete letto bene, si tratta di un metodo con caratteristiche particolare ed efficaci.

    Siete curiosi di saperne di più? 😉

    Innanzitutto, dovete sapere che nei processi di apprendimento sono coinvolti molti fattori legati alle abilità, alle strategie e agli aspetti metacognitivi e motivazionali.

    Un buon stratega, infatti, è colui che sa usare, e integrare, efficacemente tutte le strategie per raggiungere gli obiettivi di apprendimento.

    Ciò può attuarsi attraverso il confronto con insegnanti e compagni, nonché con la partecipazione alla vita di classe.

    In questo particolare momento, però, è molto più difficile: i ragazzi frequentano le lezioni a distanza, davanti ad uno schermo, senza la possibilità di confrontarsi in modo diretto.

    Quello che manca ora ai ragazzi è proprio questo sostegno, questo confronto che facilita e potenzia l’apprendimento.

    È da queste premesse che nasce il Doposcuola Pedagogico con l’obiettivo di sostenere i ragazzi nel loro apprendimento, utilizzando strategie per trovare il loro personale metodo di studio efficace e renderli poi autonomi.

    Il Doposcuola si rivolge, dunque, in maniera personalizzata ai ragazzi, partendo sempre dal loro stile cognitivo e dalle loro potenzialità, e proponendo strategie e metodi di studio “su misura”.

    Questo metodo, grazie alla sua personalizzazione e specificità, può essere utilizzato con tutti gli studenti, anche con gli studenti con Bisogni Educativi Speciali.

    Principi e valori di riferimento

    Primo fra tutti, la personalizzazione: la proposta di strategie didattiche volte a permettere a ogni studente di sviluppare le proprie peculiari potenzialità, differenti per ognuno, differenziando però le modalità di apprendimento.

    E’, dunque, realizzato ad hoc, su misura, sulla base, cioè, delle esigenze, delle diversità e delle peculiarità di ciascuno studente che devono essere valorizzate.

    La personalizzazione punta a consolidare e sviluppare i punti di forza e i talenti personali del ragazzo.

    La motivazione ad apprendere è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di apprendimento prefissati e ottenere risultati positivi nei termini di successo scolastico.

    È, infatti, un “qualche cosa” che spinge una persona a comportarsi in un certo modo e può avere diverse ragioni alla base, estrinseche o intrinseche, che devono essere comprese per cercare di mantenere alto il livello di motivazione.

    Le motivazioni riguardano proprio la scelta di affrontare o di evitare il compito, nonché di affrontarlo con una maggiore o minore persistenza di fronte a ostacoli.

    Gioca un ruolo fondamentale il concetto di interesse, inteso come un forte fattore motivazionale, che genera una particolare attenzione e focalizzazione su un argomento o un’attività.

    Infine, il concetto di autonomia riveste una grande importanza nel processo di studio e di maturazione.

    Essere autonomi significa padroneggiare l’attività che si sta svolgendo, riuscendo a svolgere senza richiedere un aiuto esterno ma utilizzando le proprie risorse e competenze personali.

    Significa, cioè, affrontare e dominare con padronanza le diverse situazioni di apprendimento e trovare delle soluzioni.

    L’autonomia è legata alla capacità di organizzazione nella gestione dei compiti e dello studio.

    Considerando tutte le scadenze e i tempi richiesti per raggiungere il risultato in serenità e potenziare il proprio senso di autoefficacia e autostima.

    Gli stili cognitivi individuali

    Come anticipato, un compito o un’attività possono essere affrontati da ciascuna persona in maniera particolare.

    Con il termine stile cognitivo si intende la modalità di pensare o agire di fronte a situazioni precise.

    Attenzione però: non necessariamente utilizziamo lo stesso stile è usato in tutte le situazioni!

    E’ molto importante conoscere e avere consapevolezza del proprio, o dei propri, stili cognitivi per padroneggiarli e utilizzarli in autonomia.

    Quali sono questi stili cognitivi?

    1. Lo stile sistematico/intuitivo riguarda la modalità di ragionamento verso la scoperta di concetti nuovi.
      Chi predilige un pensiero sistematico prende in considerazione ogni informazione a disposizione, procedendo passo dopo passo nel ragionamento mentre, chi preferisce un pensiero intuitivo, cerca di verificare l’ipotesi iniziale in vari modi, senza un concreto procedimento.
    2. Lo stile cognitivo globale/analitico riguarda la capacità di percezione delle informazioni dall’ambiente.
      Lo studente con stile globale tenderà a concentrarsi sugli aspetti generali per poi sintetizzare la situazione e vederla nel suo complesso, mentre lo studente con stile analitico si soffermerà sui dettagli, concentrandosi sugli aspetti più particolari e minuziosi.
    3. Lo stile cognitivo impulsivo/riflessivo riguarda i processi di valutazione e risoluzione dei problemi, in riferimento ai tempi di presa delle decisioni.
      Uno studente impulsivo ha la tendenza a fornire soluzioni precipitose, a volte non ottimali, in tempi molto brevi, mentre uno studente riflessivo fornisce risposte più lente e accurate, analizzando minuziosamente tutti i particolari a disposizione.
    4. Lo stile cognitivo convergente/divergente si riferisce, invece, alla creatività.
      I convergenti tenderanno a dare risposte simili a situazioni già conosciute o già verificate in precedenza, mentre i divergenti cercheranno risposte nuove, creative, anche fuori dagli schemi.
    5. Lo stile cognitivo verbale/visuale differenzia le persone che prediligono maggiormente pensare a parole oppure pensare visualizzando attraverso le immagini.

    Caratteristiche del metodo di studio efficace

    Ecco riassunte le caratteristiche portanti del nostro metodo 😉

    • Approccio personalizzato all’apprendimento e allo studio;
    • Comprensione delle esigenze del singolo studente;
    • Valorizzazione dei punti di forza e delle risorse peculiari, nonché degli stili di apprendimento individuali;
    • Promozione e utilizzo di strategie e metodo specifici;
    • Potenziamento della motivazione e dell’autonomia nello studio e nell’apprendimento.

    Se vuoi approfondire non esitare a contattarci!

  • Strategie di inclusività educative e didattiche a scuola

    Le strategie di inclusività sono fondamentali per promuovere e favorire l’apprendimento di tutti i bambini, anche con Disturbi Specifici dell’Apprendimento e Bisogni Educativi Speciali.

    Nell’articolo precedente abbiamo visto che Dsa e Bes si accompagnano stili di apprendimento e caratteristiche cognitive specifiche, che è importante riconoscere.

    Ciò vale, in realtà, per tutti i bambini, in quanto ciascuno di noi apprende e studia in modo peculiare e specifico.

    Per potenziare l’apprendimento e rispettare le caratteristiche individuali di ciascuno studente è necessaria una didattica inclusiva.

    Una scuola inclusiva, infatti, rispetta le seguenti condizioni:

    • Unicità del soggetto;
    • Valorizzazione delle diversità e specificità di ciascuno;
    • Partecipazione;
    • Apertura e dialogo;
    • Attenzione alle nuove tecnologie che possono sostenere l’apprendimento.

    In questo senso, di vitale importanza è lavorare sul clima della classe e sulle strategie di inclusività da utilizzare, educative e didattiche.

    Strategie di inclusività

    Innanzitutto, promuovere in classe un clima sereno e positivo di accoglienza e apertura, attento ai bisogni e alle esigenze di ciascun allievo.

    Creare, poi, un ambiente partecipativo e cooperativo tra gli studenti, in cui le prestazioni del singolo vengono valutate in relazione ai propri precedenti risultati e non confrontate con standard esterni o oggettivi.

    E’ da preferire, dunque, un approccio all’apprendimento di qualità e personalizzato, tenendo conto degli stili cognitivi e delle modalità di apprendimento di ciascun ragazzo.

    In questo senso, è importante promuovere la stima e la fiducia nelle capacità di crescita degli alunni, prevedendo anche dei momenti di affiancamento o attività in coppia e in piccoli gruppi, stimolando così anche l’apprendimento tra pari.

    Inoltre, è importante privilegiare l’utilizzo di diversi canali comunicativi in base ai differenti stili cognitivi degli studenti.

    Non solo però 😉

    Di fondamentale importanza risulta l’utilizzo delle tecnologie che possono semplificare e stimolare l’apprendimento, nonché l’utilizzo dei mediatori didattici, ad esempio di schemi, immagini o mappe.

    La differenziazione didattica

    Come abbiamo visto ogni studente possiede bisogni personali, diversificati e specifici, ma anche un proprio stile di apprendimento peculiare e propri canali comunicativi preferenziali.

    Si impone, dunque, in modo inconfutabile l’esigenza di adottare metodi di insegnamento grazie ai quali tutti gli allievi possano raggiungere traguardi scolastici significativi e soddisfacenti,

    Una soluzione può essere la differenziazione didattica, ovvero:

    una prospettiva metodologica di base capace di promuovere processi di apprendimento significativi per tutti gli allievi presenti in classe, volta a proporre attività educative mirate, progettate per soddisfare le esigenze dei singoli in un clima educativo in cui è consuetudine affrontare il lavoro didattico con modalità differenti.

    La differenziazione didattica, se ben condotta, può essere la chiave di accesso per permettere a ogni allievo di raggiungere i migliori risultati possibili sul piano delle conoscenze, delle abilità e delle competenze.

    Il concetto di differenziazione didattica è alla base del processo inclusivo della scuola, tanto più quanto all’interno della classe è presente un allievo con un Dsa o con un Bes.

    Se un docente vuole operare in questa direzione dovrebbe:

    • Progettare un percorso differenziato specifico e, allo stesso tempo, collegato all’intera classe;
    • Conoscere le abilità specifiche e le potenzialità dello studente;
    • Adottare metodi e procedure per incontrare le sue esigenze speciali.

    L’inclusione, dunque, si attua quando un alunno accetta di buon grado di svolgere un determinato compito appositamente ideato per lui, poiché tutti, in quel momento, stanno lavorando su compiti diversi.

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